Di Gabriele La Spina
In onda negli USA dallo scorso 3 giugno, la serie ideata da Steven Canals insieme a Brad Falchuk e Ryan Murphy, ormai leggende del piccolo schermo con produzioni come American Horror Story e Feud, ha inaspettatamente rivoluzionato il mondo delle serie televisive. Concentrandosi sulle vite di un gruppo di outsider newyorkesi, Pose ha portato alla luce i racconti di una subcultura finora sconosciuta dell’America degli anni ’80.
Non solo il vogueing, ma una realtà dilaniata dalla fobia per l’AIDS e dalla discriminazione. Il paradosso è poi rappresentato dalla non accettazione, all’interno della stessa comunità gay, delle donne transessuali. Veniamo così a conoscenza delle “house”, gruppi di ballo, in realtà famiglie dove i reietti trovano un posto dove sono accettati, quando le loro famiglie biologiche li hanno rifiutati per la loro natura. È il caso di Damon, un giovane ballerino, sbattuto fuori di casa dal padre dopo il suo coming out, con un’incredibile passione per la danza.
A interpretarlo Ryan Jamaal Swain, cuore pulsante di Pose, una rising star del piccolo schermo, che ha dimostrato un’impressionante versatilità nel ruolo; tra scene di ballo già iconiche e momenti di rara tenerezza.
La serie è l’ultima produzione di Ryan Murphy, considerato dalla stampa americana come il Re Mida del piccolo schermo. Com’è stato il vostro primo incontro?
Nulla può prepararti all’incontro con qualcuno che ha compiuto il proprio lavoro con tanta passione e che è stato parte del tuo sviluppo a livello umano. Così prima di incontrarlo ho detto a me stesso: “Mi concentrerò sul fare un ottimo lavoro in quella stanza”. Incontrare Ryan Murphy è stato troppo bello per essere vero, indossava dei pantaloni rossi da rockstar ed era sempre straordinariamente presente, è una persona davvero speciale. Ho fatto la mia audizione con lui e Steven Canals, e alla fine piangendo mi ha detto: “Bel lavoro, sei così speciale, Ryan. Spero che lavoreremo insieme”. Non ho saputo nulla dell’esito finché il mio team non mi ha chiamato e mi ha detto: “A Ryan [Murphy] piaci davvero”. Dopo ho capito di aver fatto un buon lavoro e di aver raggiunto il mio obiettivo. Il resto è storia.
Uno dei concetti più autentici alla base di Pose è quello di trovare una famiglia anche al di fuori di quella biologica, superando le barriere genetiche. Chi fa parte oggi della tua famiglia in termini più ampi?
In questi giorni dove tutto è in rapida evoluzione per me, sono arrivato alla conclusione che la mia “cerchia” è davvero concentrata. Mi sono ritrovato a parlare sempre più spesso con la mia famiglia e i miei amici, e più frequentemente con il mio cast.
Qual è il tuo rapporto con le attrici e gli attori del cast?
Ci adoriamo l’un l’altro. Semplicemente.
Il tuo personaggio nella serie potrebbe essere definito una sorta di Billy Elliot americano. Cosa vuol dire per te essere gay e amare la danza, in America come in Europa?
Questo è un grande complimento! Damon è una persona così speciale e ambiziosa. Il suo amore per la danza e il desiderio di voler abbattere i suoi limiti, lo rendono simile a me. Ma mentre ci troviamo in un tempo tanto liberatorio per la comunità LGBTQ+, dobbiamo renderci conto che esiste un Damon anche nelle persone al di fuori della comunità. Tutti abbiamo un sogno, vogliamo trovare l’amore e avere un nostro scopo. La danza è una forma d’arte che ti chiede di conoscere la tua anima; non hai parole dietro cui nasconderti e nemmeno una tela che parli per te. Il tuo talento è sempre vivo, vulnerabile e spontaneo. Questa bellissima gioventù queer mi ha dato così il coraggio di essere autentico e pieno di sogni.
Nel pilot della serie vediamo l’emozionante scena dell’ammissione di Damon in una scuola di ballo, si tratta di uno dei momenti più elettrizzanti visti quest’anno in uno show televisivo. Com’è stato girare una scena tanto difficile?
Quel giorno è stato così potente per me. È stata una delle giornate più emozionanti delle riprese, perché sono stato solo tutto il giorno. Ho avuto il supporto della squadra creativa di Ryan Murphy e del coreografo Ryan Heffington, tuttavia ero comunque pieno di pressioni. Sapendo quanto fosse importante quel momento per il viaggio di Damon, è divenuto il mio momento più terrificante. Le riprese di quella scena sono durate 8 ore, dove ho ballato senza sosta, ma sapevo che se avessi ballato con i miei cari nel cuore, il mondo avrebbe ballato con me. È stato un momento dove Damon deve dimostrare di avere qualcosa da dire, che avrebbe cambiato la sua vita. Inoltre è piuttosto divertente ballare su “I Wanna Dance with” di Whitney Houston. Alla fine di quella giornata Ryan Murphy è venuto da me dicendo: “Abbiamo appena creato qualcosa di iconico. Ottimo lavoro ragazzo, adesso vai a riposare”. Mi sentivo al posto giusto al momento giusto. Terrò quel momento nel mio cuore per sempre.
Pose sta già facendo la storia della televisione americana per il più ampio cast di attrici transgender. Cosa pensi che stia facendo fuori dallo schermo, per la gente estranea o restia nei confronti della comunità LGBT?
Sta istruendo, intrattenendo e creando empatia in persone che un tempo non avrebbero mai visto nulla di simile. La televisione consente al pubblico una connessione con quei personaggi. Sono letteralmente a casa tua, sul tuo schermo e nel tuo cuore. E ciò che riesce a fare FX con la distribuzione internazionale è davvero brillante. Spero che attraverso il nostro lavoro riusciremo a mostrare al mondo il potere che risiede nelle nostre differenze, e come la razza umana ci connetta tutti.
Pensi che l’America di oggi sia molto diversa da quella di Pose?
Viviamo in un’epoca in cui il nostro clima politico aspira a qualcosa di genuino e unificato
perché così tanti fattori stanno deliberatamente cercando di separarci. Pose esiste in un mondo in cui si ha bisogno di ricordare la nostra capacità collettiva di amare e cercare l’amore. Non è molto diverso da oggi.
Il punto di forza di Pose è indubbiamente il fatto che la maggior parte degli interpreti si trovano alla loro prima esperienza davanti alla macchina da presa. Ciò ha donato una palpabile autenticità alle vostre performance. Avresti mai immaginato di debuttare in uno show visto in tutto il mondo?
Mentirei se non lo dicessi: sì, sapevo che sarebbe successo. Ma non pensavo che sarebbe accaduto così velocemente. Mi sento ancora un bambino che sta imparando e crescendo. E pensare che mi sia stata offerta questa opportunità già adesso, è così emozionante. Ringrazio Steven Canals, sceneggiatore del pilot e creatore della serie, che mi ha affidato l’importante incarico di portare il suo personaggio sullo schermo. Sapendo che sto dando vita a un ruolo che non solo rappresenta una guarigione per me, ma anche per innumerevoli altre persone. Mi sento fortunato e benedetto.
Cosa vedi nel tuo futuro da attore? Qual è il ruolo dei tuoi sogni?
Mi piacerebbe interpretare un giovane Harry Belafonte, in un biopic sulla sua vita. Ha avuto un forte impatto sulla mia formazione e amerei avere l’opportunità di impersonarlo. Ma soprattutto vorrei affrontare ruoli che rappresentano delle sfide, interpretare un vampiro, un supereroe e un personaggio con mentalità e disturbi fisici.