Le migliori serie televisive del 2018 in classifica

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Di Gabriele La Spina, Daniele Ambrosini e Simone Fabriziani

L’ascesa del mezzo televisivo sembra sempre più inarrestabile. Vi apparirà paradossale leggerlo, ma i grandi prodotti di qualità passati dal piccolo schermo superano a momenti quanto di bello abbiamo visto al cinema, non si esagera. Infatti molti registi, autori, scelgono la TV per il loro prossimo film o per il loro esordio. Questo è stato però anche l’anno di rivalsa per showrunner secondo qualcuno a corto di idee, o di serie stesse che sembrava non avessero più nulla da dare.

Ancora una volta Netflix ha predominato tra le produzioni più brillanti, conquistando sempre più il monopolio dell’intrattenimento casalingo, e insidiando il “trono” di HBO; che rimane pur sempre la casa del gusto, dandoci un paio di opere sopraffine. Eppure a sorpresa nel podio della nostra classifica non troviamo nessuno dei due network. Poiché tra supereroi, vandali, lottatrici di wrestling, giornaliste tormentate; a fare la differenza sono una comica in ascesa nell’America degli anni ’50, un gruppo di ballerini di vogue dance in quella degli anni ’80, e un’organizzazione losca in quella odierna. Sono Amazon e Fox a conquistare la nostra classifica delle migliori serie del 2018, con predominanza del primo, un ancora novizio servizio di streaming. Scopriamo insieme i titoli che più ci hanno stupito, in ordine, e magari quelli che vi tocca recuperare per l’anno nuovo.

10. Daredevil (Stagione 3)
La collaborazione tra Marvel TV e Netflix continua con la terza, gloriosa stagione di Daredevil, supereroe nato dalla mente creativa del compianto Stan Lee e punta di diamante dell’entertainment del colosso dello streaming on demand a partire dalla sua ottima prima stagione televisiva del 2015. A rendere grande il terzo (ed ultimo) capitolo del Diavolo vendicatore di Hell’s Kitchen non sono le pur mirabolanti sequenze d’azione acrobatica, il racconto tesissimo, l’eterna lotta tra bene e male, tra giusto e sbagliato, tra etica e morale dell’agire; a dominare e bucare il piccolo schermo è lo scontro tra l’avvocato Matt Murdock (l’inglese Charlie Cox) e il boss della malavita newyorkese Wilson Fisk (uno straordinario Vincent D’Onofrio) per la salvezza dell’anima di una città. Il miglior adattamento di un fumetto per il piccolo schermo mai realizzato, degno erede della sacrale tetraggine morale della iconica trilogia di Batman realizzata da Christopher Nolan.
9. Kidding (Stagione 1)
Dopo essersi preso una pausa dal mondo dello spettacolo, Jim Carrey ha scelto la tv per il suo eccezionale ritorno sulle scene. In Kidding Carrey interpreta Jeff Piccirillo, noto conduttore televisivo conosciuto con lo pseudonimo di Mr. Pickles, per via del popolare programma per bambini di cui è il volto e l’anima, recentemente segnato da una tragedia familiare che ha sconvolto completamente la sua esistenza. Dave Holstein e Michel Gondry riescono a pennellare in maniera vivida, molto matura e realisticamente disillusa uno dei personaggi più interessanti della televisione recente, una versione distorta e fanciullesca dell’idolo della tv americana Fred Rogers. Il dramma della perdita, la mercificazione dell’immagine e della propria essenza, l’impossibilità di essere sé stessi in un mondo cinico e spietato ed il valore della gentilezza e della positività sono tra le tematiche affrontate in Kidding, una serie in grado di fondere dramma e commedia in modo del tutto innovativo, una serie del tutto libera da vincoli narrativi, in grado di sorprendere ed intrattenere, interpretata magistralmente da Jim Carrey, ma anche da Frank Langella, Catherine Keener e Judy Greer.

Una scena dalla serie Netflix, “Glow”.
8. American Vandal (Stagione 2)
La prima stagione era geniale, chi avrebbe mai immaginato che Dan Perrault e Tony Yacenda avrebbero replicato, addirittura superandosi? L’irresistibile serie finto documentario che lo scorso anno seguiva le vicende di due studenti che attraverso numerose indagini, esilaranti interviste e colpi di scena volevano scagionare il tipico vandalo americano, ovvero un compagno di classe accusato di aver disegnato numerosi peni sulle macchine dei professori, torna seguendo un simile iter, ma più disgustoso e per questo notevolmente provocatorio. Nella seconda stagione di American Vandal cercheremo di scoprire l’identità del “Turd Burglar”, tra incredibili twist, e una, non tanto velata, critica al sistema scolastico americano, già letta nel primo appuntamento, ma soprattutto ai social, dannosi, pericolosi e corrosivi, seppur specchio di una popolazione frustrata dall’ossessione per la loro immagine e i rapporti personali. Vergogna a Netflix per la cancellazione.
7. Glow (Stagione 2)
Liz Flahive e Carly Mensch tornano con le loro irriverenti lottatrici di wrestling negli anni ’80, un’epoca effettivamente molto amata da Netflix che con prodotti come Stranger Things ha fatto della nostalgia il proprio cavallo di battaglia. Eppure Glow riesce a fare molto di più che citare i classici della nostra infanzia. Sì, sono le ennesime outsider del piccolo schermo come quelle di Orange Is the New Black, serie non tanto dissimile a questa, loro però, Ruth, Debbie, Cherry e Tammé, non si piangono addosso, sono un esempio femminista mai tanto attuale. Se nella prima stagione ogni personaggio sembrava doversi ambientare, qui la partita e in corso, e gli autori utilizzano il wrestling femminile, chi l’avrebbe mai detto, come pretesto per la narrazione di tematiche come il razzismo, le molestie e la disparità: la parola d’ordine però è sempre l’ironia. Fiore all’occhiello della serie sono poi le performance assolutamente brillanti di Alison Brie, già deliziosa in Community e Mad Men, qui nel dopo ruolo di Ruth e Zoya Destroya, probabilmente miglior momento della sua carriera; e di Betty Gilpin, che nei panni di Debbie offre alcuni dei momenti più toccanti della stagione, sempre accattivante come Liberty Bell. Dopotutto è la donna più amata d’America.
6. Escape at Dannemora (Miniserie)
Mentre un numero sempre maggiore di grandi autori cinematografici passa al mezzo televisivo, c’è un regista che grazie alla tv ha compiuto il definitivo salto di qualità: Ben Stiller. Con la miniserie Escape at Dannemora Stiller è riuscito a dimostrare di saper tenere le redini di progetti ben più impegnati delle commedie con le quali si è costruito un nome, e di saperlo fare bene, prendendosi qualche rischio e regalandoci alcune delle sequenza più straordinarie dell’anno (quel piano sequenza in apertura del quinto episodio è già storia della tv). Protagonisti della serie sono alcuni dei nomi più sottovalutati ed ingiustamente dimenticati di Hollywood, tutti in stato di grazia: Paul Dano e i premi Oscar Benicio Del Toro e Patricia Arquette (al suo terzo ruolo da protagonista in tv). Ispirata a fatti realmente accaduti, la serie creata da Brett Johnson e Michael Tolkin ricostruisce il tentativo di evasione di Richard Matt e David Sweat, due detenuti che avevano intrapreso una relazione clandestina con un’impiegata della prigione dove stavano scontando la pena, evitando i cliché e le consuetudini del dramma carcerario, ma piuttosto costruendo una storia avvincente dal retrogusto pop, un dramma leggero ma sempre pertinente.
5. Patrick Melrose (Miniserie)
Lo straordinario talento camaleontico della recitazione del britannico Benedict Cumberbatch si sposa alla perfezione con la miniserie prodotta da Sky e Showtime; ispirato alla serie di romanzi di Edward St.Aubyn, il prodotto seriale scritto e ideato da David Nicholls e diretto interamente da Edward Berger racconta una saga famigliare di traumi e fantasmi del passato con straordinaria perizia di scrittura; sfidiamo chiunque a riconoscere nel personaggio titolare il fictional character più complesso e sfaccettato del 2018; grazie al talento di Cumberbatch la vita dei Melrose è raccontata grazie al punto di vista in cinque stadi della dipendenza da droghe di Patrick, perno narrativo lucido ed efficace di un nuovo bildungsroman per immagini che in un adattamento cristallino ed ineccepibile offre il meglio che il piccolo schermo ha offerto nel 2018.
Una scena da “La fantastica signora Maisel”.
4. Sharp Objects (Miniserie)
Altro adattamento da un romanzo, qui pubblicato da Gillian Flynn, in veste anche di produttrice esecutiva e sceneggiatrice. A dirigere tutti gli episodi della miniserie targata HBO il regista canadese Jean-Marc Vallée (Big Little Lies). Altra genealogia famigliare fatta di traumi ed indicibili abusi, qui però raccontata in chiave crime, tessuto narrativo indiziale che permetto allo spettatore di risolvere, tra linee temporali passate e presenti, un terrificante caso di sparizione nella cittadina di Wind Gap, ma allo stesso tempo di indagare sui rapporti al vetriolo di una famiglia con troppi scheletri nell’armadio. Protagonista una imperdibile Amy Adams, nel miglior ruolo della sua carriera davanti la macchina da presa fino ad oggi.
3. La fantastica signora Maisel (Stagione 2)
Rachel Brosnahan torna per una seconda, scoppiettante stagione nei panni di Midge Maisel, l’aspirante comica creata da Amy Sherman Palladino. Dopo 8 Emmy e 2 Golden Globe le aspettative per il ritorno de La fantastica signora Maisel erano piuttosto alte e i coniugi Palladino sono riusciti a non deludere, realizzando una seconda stagione ancora più divertente della precedente. Sempre incredibilmente misurata ed in grado, di tanto in tanto, di trattare argomenti sociali legati alla realtà sociale degli anni ’50, epoca nella quale la serie è ambientata, senza però mai calcare la mano o perdere la leggerezza e l’aplomb che caratterizzano questa deliziosa serie targata Amazon. Diretta con un’eleganza che ricorda vagamente il cinema dell’Hollywood degli anni d’oro, la seconda stagione de La fantastica signora Maisel mette in prospettiva tutte le conquiste passate di Midge e tutte gli ostacoli futuri, dando un senso al percorso complessivo della sua protagonista. Ad accompagnare la Brosnahan c’è un ricchissimo e talentuoso cast di supporto, composto da Alex Borstein, Tony Shalhoub, Marin Hinkle e Zachary Levi.
2. Pose (Stagione 1)
L’America degli anni ’80, quella di Trump, di Wall Street e dell’AIDS, viene raccontata nella serie che porta la firma di Ryan Murphy, showrunner ritenuto il Re Mida della televisione americana, che supporta la creatura di Steven Canals. Nonostante l’avesse già fatto con The Normal Heart, Murphy si scrolla di dosso nuovamente l’appellativo di autore frivolo della TV e ci offre una delle serie più vibranti ed emozionanti dell’anno. Seguiamo così le vicende di un ragazzo buttato fuori di casa dai genitori poiché gay, unirsi a un gruppo di ballerini di voguing, per la maggior parte donne transessuali delle così dette House. E ovviamente casa non è un termine casuale, perché questi rappresenteranno una famiglia, dimostrando che ogni avversità può essere superata se accanto si ha coloro che ami. In modo estremamente delicato viene raccontata la transessualità in ogni sua sfaccettatura, e per la prima volta il trattamento, non solo dei gay, ma dei transessuali negli anni ’80, a volte emarginati dalla loro stessa comunità LGBTQ. Con le performance incredibili di interpreti esordienti come Ryan Jamaal Swain, e di attrici realmente transessuali come Mj Rodriguez, Indya Moore e la già iconica Dominique Jackson; Pose è l’ondata di freschezza che occorreva quest’anno alla TV americana, con un messaggio carico di orgoglio, forza e spessore.
1. Homecoming (Stagione 1)
Dopo aver sorpreso ed essersi continuamente superato in Mr. Robot, che Sam Esmail fosse un grande autore ed un regista dal talento inestimabile era un fatto ormai noto ed evidente a chiunque seguisse la serie targata USA Network, ma che fosse in grado di prendere le redini di un progetto ideato da altri e creare un piccolo gioiello dai toni completamente diversi da quelli di Mr. Robot non era affatto scontato. Eppure, con Homecoming Esmail è riuscito a creare un’esperienza televisiva assolutamente unica, una serie che guarda ai thriller degli anni ’50 diretta in modo elegante ed intimo, cha fa un uso magistrale dello split screen e dei formati fotografici. Un lavoro magistrale che, stranamente non viene da un regista cinematografico affermato passato alla tv, ma da uno dei primi veri autori cresciuti in ambito televisivo. Homecoming è un giallo magistralmente interpretato da Julia Roberts, alla migliore performance della sua carriera nel ruolo di una donna segnata dal tempo e dalla psicologia nettamente scissa in due, un ruolo complicato e pieno di sfaccettature che la Roberts affronta in modo incredibilmente maturo. Ad affiancarla c’è un cast di supporto di tutto rispetto, composto dagli ottimi Bobby Cannavale, Stephan James, Shea Whigham, Marianne Jean-Baptiste e Sissy Spacek. Homecoming è indubbiamente la serie migliore dell’anno, la più completa, cinematograficamente potente, narrativamente complessa e strutturalmente affascinante dell’intero panorama televisivo. Un finale perfetto, poi, ci fa ben sperare per la prossima stagione.  

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