Dopo la cattiva accoglienza al festival berlinese, Queen of the Desert è arrivato nell’autunno del 2015 nelle sale tedesche, per poi fermare il suo cammino. Nessuna release per il mercato americano, nonostante una piccola distribuzione abbia comprato i diritti, e soprattutto nessun rilascio per l’Italia.
Queen of the Desert racconta la nascita e l’evoluzione di uno dei personaggi storici femminili più interessanti dell’800. Fu un’archeologa, scrittrice, politica e ad un certo punto della sua vita fu coinvolta come agente segreto britannico. Riconosciuta per aver avuto un ruolo fondamentale nella creazione del moderno Stato dell’Iraq, contribuendo a tracciarne i confini nei quali raggruppò i tre vilayet ottomani preesistenti della regione mesopotamica.
Quello di Herzog è un film che non rispetta le aspettative di nessuno, dimenticate il biopic di stampo storico, non vedrete la Gertrude Bell esploratrice, spia e attivista politico, questi saranno aspetti di ritaglio, e senza dubbio non si tratta del film che ci si aspetterebbe da Werner Herzog. Il filo conduttore della pellicola non sono altro che le lettere, quelle scambiate tra il padre Hugh Bell e Gertrude, quelle scambiate con il suo primo amore Henry Cadogan (un improbabile James Franco) e infine con Charles Doughty-Wylie (interpretato da Damien Lewis). Herzog crea un ritratto del tutto romantico ed espone così l’evoluzione di Gertrude Bell, rinata dalle ceneri di un amore distrutto, ceneri che l’hanno trasformata da bambola di porcellana perfettamente mimetizzata nelle fastose feste da ballo ad amazzone impavida che cavalca un cammello nel deserto e fronteggia un’orda di barbari sanguinari senza alcuna arma se non il suo sguardo. Un ritratto maestoso, poetico, di una Gertrude Bell le cui imprese sono state motivate dall’amore per la cultura araba dalla quale fin da subito è stata stregata. Una fotografia eccezionale contribuisce alla riuscita di un film dalla forte atmosfera e al racconto di un personaggio storico nel quale Nicole Kidman è perfettamente immedesimata, non offrendo una delle sue performance più memorabili, ma sicuramente uno tra i suoi personaggi più iconici. Nonostante la scarsa consonanza della pellicola, allo stile di Herzog, alcune scelte registiche fanno emergere lo zampino del regista, una su tutte quella della famigerata spirale kinskiana: una sala da ballo, il disappunto di Gertrude al commento di uno degli invitati, un bicchiere rotto e il silenzio glaciale di tutti gli invitati.
Impossibile non pensare a quanto avrebbero giovato forse alla pellicola alcuni accorgimenti, come un montaggio più accurato, e quindi l’ausilio di flashback piuttosto che la suddivisione del film in due periodi temporali infierendo sul ritmo generale, e sopratutto la scelta più accurata di alcuni membri del cast: James Franco e Robert Pattinson (nei panni di un giovane T.E. Lawrence) risultano completamente stonati nel contesto, se non quasi ridicoli in alcun frangenti della storia.