Di Daniele Ambrosini
Tomboy racconta la storia di Laure, una bambina di dieci
anni che sul finire dell’estate si trasferisce insieme alla sua famiglia. Dopo aver
passato qualche giorno nella nuova casa giocando con la sorellina di sei anni,
Jeanne, nota un gruppo di bambini della sua età che si riuniscono nel giardinetto
sotto la sua palazzina, a questo segue l’incontro con Lisa, che ha più o meno
la sua età, a cui però Laure decide di presentarsi come Mickael. Con Lisa c’è
subito intesa tanto che la invita ad unirsi al suo gruppo e quando si
troveranno a giocare con gli altri le permetterà di vincere per ingraziarseli.
pensa di smentirla: sullo sfondo di un nuovo quartiere e di nuove conoscenze l’ingenuità
di questa bambina la porta a sentirsi libera di essere ciò che vuole senza
pensare alle conseguenze; Laure ha i capelli corti ed un aspetto mascolino
perciò inizialmente non ha alcuna difficoltà nell’inserirsi nel gruppo come un
maschio ma è ovvio fin da subito che questo non potrà durare. L’aspetto davvero interessante di questo film è il fatto
che la protagonista sia una bambina, infatti di film a tematiche LGBT con
protagonisti adulti o adolescenti ce ne sono molti perché spesso affrontare il
tema dell’identità sessuale ha come passaggio obbligato quello della sessualità
vera e propria, qui non c’è niente di esplicito, ovviamente, e tutto scorre tra
l’ingenuità e la spensieratezza tipica dei bambini.
questo è il tema fondamentale, ed in tutto il film attraverso le piccole cose,
che sembrerebbero banali per qualunque suo coetaneo, passa il suo tormento
interiore: le partite a calcio a torso nudo, l’amica che gioca con i trucchi,
mettere un costume da bagno. Ci si concentra spesso sul suo corpo, sugli
sguardi e sui gesti della protagonista perché le piccole cose sono importanti, anzi in film come questo sono quasi tutto. Ma il trasportare questo racconto nel mondo dei bambini
vuol dire anche proiettarlo nel mondo degli adulti perché quando poi si viene a
scoprire la vera identità di Mickael i bambini, che possono essere crudeli, e
questo film ce lo dimostra, non capiscono subito ed anzi la umiliano
spogliandola davanti a tutto il gruppo. La reazione degli adulti veri non è
meno forte, la madre la costringe a vestirsi da femmina e ad
andare a scusarsi, la reazione della madre è istintiva e può sembrare cattiva
ma è il primo vero passo che porterà Laure verso l’accettazione della propria
identità sessuale. È proprio questo ribaltamento finale che riporta questo “gioco”
alla realtà a dare potenza emotiva al film di Céline Sciamma.
Il rapporto con la sorellina Jeanne è importantissimo per
Laure, lei la capisce ed è la prima ad accettarla così com’è tanto da definire Mickael
un suo nuovo amico e Laure è molto protettiva nei suoi confronti, ed è proprio perché
ha picchiato un bambino che l’aveva spinta che la famiglia viene a scoprire che
la figlia si era presentata come un maschio. È altrettanto rilevante il rapporto con Lisa,
che si era evoluto da una semplice complicità iniziale e che perciò l’ha ferita
particolarmente una volta scoperta la realtà, ma se c’è un barlume di speranza
nel film è rappresentato proprio dal riavvicinamento tra loro due nel finale, dall’accettazione. Laure è un personaggio sfaccettato ed interessante, diverso
da quanto proposto finora dai film a tematiche LGBT e soprattutto è un
personaggio che non è possibile giudicare, nessuno può realmente giudicare
questa bambina che ha solo voluto giocare ad essere se stessa e che così entra
nella sua adolescenza, iniziando a conoscersi e ad accettarsi. Tomboy è un film dal gusto truly independent, girato da una piccola troupe con una reflex ma che ha un cuore grandissimo.