Il Festival di Venezia è quasi alle porte, e come ogni manifestazione nel campo artistico, specie in quello cinematografico, al giorno d’oggi è impossibile esser esente dalle polemiche. E se al precedente Festival di Cannes non sono mancati i dibattiti sullo scontro tra cinema e Netflix, in quello di Venezia il focus si sposta su un argomento ben più a cuore a Hollywood, quello dei pregiudizi sul genere.
Nella selezione ufficiale principale del festival di quest’anno infatti, solo un film vede la direzione di una donna, The Nightingale di Jennifer Kent; ed è una storia che si ripete fin dallo scorso anno quando, Angels Wear White di Vivian Qu, era l’unico film con una direzione femminile.
“Come se anni di ripetizione del fatto che se i migliori film, i migliori registi e i veri maestri fossero uomini non avrebbe fatto alcuna differenza nel modo in cui la qualità venisse giudicata, e come se il pregiudizio non avesse alcun ruolo, eccoci qui, negando che considerazioni sul genere non abbia avuto alcun un impatto sulle selezioni del festival (e del suo team). Nel 2018, sotto lo stesso mandato, ciò è stato ripetuto ancora una volta. Con un solo film diretto da una donna in competizione, il signor Barbera ha insistito sul fatto che era una questione di qualità, non genere“. Così dichiarano le donne della European Women’s Audiovisual Network, dal Women in Film & TV International, dal WIFT Nordic, dal WIFT Sweden e dalla Swiss Women’s Audiovisual Network, in una lettera aperta al festival. “I pregiudizi inconsci, che modellano la nostra concezione del ‘buon gusto’, sono stati messi in atto contro le donne per molti secoli e hanno definito il genio (e in particolare il genio del cinema) come maschile“, si legge. “Così, la storia culturale è scritta dal gusto maschile, dallo sguardo maschile, dal potere maschile della selezione“.
La lettera mette inoltre fortemente in discussione quanto la Biennale sia seriamente partecipe sul trattamento di temi legati al gender: “Questi festival sono la prima finestra, gli amplificatori, i sigilli di qualità per i film che il nostro mercato cinematografico accetterà, sono i magneti degli Oscar, il primo punto di riferimento. Se stanno semplicemente ripetendo il tipo di scelte che sono state fatte in passato, stanno forse perpetuando pregiudizi contro le donne?“.
Forti critiche sono rivolte inoltre nei confronti del direttore, Barbera, soprattutto sulla sua affermazione, dove minacciava di lasciare il suo incarico se costretto a scegliere tra un regista uomo o donna: “Quando Alberto Barbera minaccia di smettere, sta perpetuando la nozione che la selezione di film da parte di registe comporta l’abbassamento dello standard, implicando che i film realizzati dalle donne sono in qualche modo inferiori ai film realizzati dagli uomini, se devono essere selezionati a causa delle quote o di un attento scrutinio di genere, la qualità sarà compromessa“, continuano nella lettera. Concludono poi dicendo: “Sappiamo che mettendo la diversità sul tavolo offriamo una scelta più ampia e non inferiore. Sappiamo che se non ci sono discussioni per fare spazio alla diversità di genere (o a qualsiasi altra diversità) o se non affrontiamo il modo in cui vediamo film realizzati da diversi registi, non faremo avanzare la conversazione né sistemeremo questo sistema truccato, che favorisce principalmente i maschi bianchi“.
Parole forti, e che si tratti di una polemica ingigantita o meno, resta il fatto che il cambiamento; quello che nel giro di un anno ha travolto Hollywood tra i movimenti Time’s Up, Me Too e quelli dedicati all’inclusività di donne, minoranze etniche e categorie LGBTQ+, è nato da delle voci che hanno deciso di non restare in silenzio. Decidere di creare una line-up che per regola abbia una presenza prestabilita di registe donne resta un’esigenza per un festival tanto prestigioso e influente oggi, quale è il Festival di Venezia, per l’adattarsi al progresso. Selezioni come quelle del Festival di Toronto vantano la presenza per metà di registe donne, dunque la mancanza di progetti cinematografici femminili non vi è di fatto. È tempo anche per Venezia?
Fonte: The Hollywood Reporter