L’edizione degli Oscar di quest’anno potrebbe definirsi quella dei grandi numeri, chi alla prima nomination e chi alla ventesima, sono molteplici gli attori che hanno visto riconoscere i loro sforzi interpretativi. Una selezione variegata anche in tema razziale, a un anno dalla famigerata polemica mossa dall’attrice afroamericana Jada Pinkett Smith. Ma se dovesse essere mossa una vera critica nei confronti dell’Academy non sarebbe nel mancato riconoscimento delle minoranze dell’ambito cinematografico, ma bensì delle storie e dei ruoli scomodi, dei grandi autori e delle pellicole di nicchia.
Gli stessi grandi interpreti nominati agli Oscar nelle categorie attoriali di quest’anno, hanno offerto nel corso della loro carriera grandiose performance, anche in tempi recenti, non riconosciute dagli Oscar. Le motivazioni sono state spesso legate alla loro presenza in pellicole non apprezzate all’unanimità dal pubblico e della critica, ma anche l’entità di progetti non in linea con i canoni, spesso rigidamente classici e convenzionali, degli Academy. Non vi è da stupirsi se un mito del cinema europeo come Isabelle Huppert ha ricevuto solo adesso, all’età di 63 anni, la sua prima nomination all’Oscar: ma è davvero quella di Elle la miglior performance della sua carriera? Ecco in quali casi, recenti e non, gli attori nominati agli Oscar 2017 avrebbero meritato più attenzione.
Nicole Kidman – Birth (2004)
Sarebbe doveroso aprire un lunghissimo capitolo sul rapporto conflittuale tra gli Oscar e Nicole Kidman, che dopo aver vinto la statuetta nel 2003 grazie a The Hours, è stata ripetutamente snobbata. Casi recenti sono le performance di The Paperboy (2012) e Strangerland (2015), alcuni dei momenti più brillanti della recente carriera dell’attrice australiana. Ma quella di Birth, la controversa pellicola di Jonathan Glazer, è forse la più grande interpretazione della sua carriera. Nei panni di Anne, una donna che scopre in un bambino sconosciuto, l’anima del marito defunto reincarnato, Nicole Kidman rende una delle performance più profonde e sensazionali viste sul grande schermo in tempi recenti. Rappresenta paure e insicurezze del personaggio, e lo fa comunicando attraverso lo sguardo come una diva del cinema muto. Nel lunghissimo primo piano che Glazer realizza nell’iconica scena del teatro, la Kidman riesce a comunicare il disagio emotivo di Anne, creando uno squarcio nell’animo dello spettatore.
Viggo Mortensen – A History of Violence (2005)
Nella pellicola di David Cronenberg, Mortensen offre una delle performance più sofferte e solide della sua carriera. Qui veste i panni di Tom Stall, padre di famiglia dall’esistenza apparentemente tranquilla, che per legittima difesa uccide due malviventi che tentavano di rapinare la sua tavola calda. Una storia che incarna di per sé l’ansia di una popolazione, quella americana, in continuo stato di allarmismo, dove in molti casi sono le persone delle classi sociali più basse a rimetterci. Viggo Mortensen risulta così il perfetto paladino, e contemporaneamente antieroe, di uno dei film più efficaci degli ultimi anni di Cronenberg.
Isabelle Huppert – La pianista (2001)
Caso eclatante è quello già anticipato della Huppert, per la prima volta nominata all’Oscar quest’anno. E pensare che già nel 2001 aveva conquistato la critica con la sua immensa performance nel capolavoro di Michael Haneke, La pianista. La Huppert interpreta qui un’insegnante di piano, sessualmente repressa ma allo stesso tempo ninfomane, autolesionista, che vive ancora con la madre ma scopre una valvola di sfogo in un suo nuovo avvenente allievo, con cui instaurerà una malata relazione. Non serve un’equazione per capire che un film europeo, con un plot del genere, non sia assolutamente nelle corde degli Academy. Sembra però paradossale dire che nel 2011, Natalie Portman vinse la sua prima statuetta come miglior attrice grazie a una pellicola, Il cigno nero di Darren Aronofsky, ampiamente ispirata a la suddetta di Haneke. Quella di Isabelle Huppert resta nettamente superiore, per la sua eleganza, audacia e incisività.
Ryan Gosling – Drive (2011)
Sia per la scelta dei progetti sia per i personaggi non sempre convenzionali, Ryan Gosling è uno dei maggiori nuovi talenti contemporanei. Sarebbe facile ricordare la sua performance in Blue Valentine, tra i tanti overlooking degli Academy, ma più importante è spostare l’attenzione con il magnifico sodalizio nato tra l’attore e il regista Nicolas Winding Refn. Diretto per la prima volta dal regista danese in Drive, è lì che Gosling impersona uno dei personaggi più iconici della sua carriera. Nei panni di uno stuntman che arrotonda prendendo parte a rapine nel tempo libero, Gosling è un perfetto eroe apparentemente senza emozioni, che decide di perdere tutto per difendere la famiglia della donna della porta accanto, per cui nutre un amore represso. Algido e inespugnabile, ma allo stesso tempo comunicativo, Gosling rende la sua performance anche con una recitazione corporea, grazie alla straordinaria direzione di Refn, di grande impatto sullo spettatore.
Natalie Portman – Brothers (2009)
Ancor prima del suo trionfo nei panni del cigno nero di Aronofsky, la Portman aveva già offerto una grande interpretazione nel film di Jim Sheridan, ottimo remake di Non desiderare la donna d’altri (2004) di Susanne Bier. La Portman interpreta il ruolo di Sarah, sposata con Michael dal quale ha avuto due figlie. Quando il marito sceglie di partire per una missione in Afghanistan la sua vita non è più la stessa. Ma è dopo la notizia della sua scomparsa, che il fratello Jannik coglie l’occasione per iniziare una storia con Sarah: ne scaturisce una situazione nella quale i sentimenti tendono a confondersi e che va complicandosi enormemente quando Michael torna inaspettatamente a casa, fortemente traumatizzato. La sua è un’interpretazione di grande intensità nella resa del conflitto di un personaggio che potrebbe apparire scomodo, se non antipatico al pubblico.
Andrew Garfield – The Social Network (2010)
Quella di Hacksaw Ridge è la prima performance di Garfield nominata all’Oscar, ma probabilmente sarebbe dovuta essere la seconda. Tralasciando l’interpretazione memorabile resa quest’anno in Silence di Martin Scorsese, Garfield aveva già impressionato interpretando lo sgradevole personaggio di Eduardo Saverin in The Social Network. Diretto da David Fincher, in un perfetto connubio con lo sceneggiatore Aaron Sorkin, il film racconta la storia della nascita di Facebook, il social network creato nel 2004 da Mark Zuckerberg, mentre era studente all’Università di Harvard, e divenuto poi un fenomeno della rete.
Michelle Williams – La terra dell’abbondanza (2004)
Con 4 nomination all’Oscar, nella sua ancora non proprio lunga carriera, la Williams è stata sempre ben accetta dagli Academy ma per alcuni dei suoi progetti più mainstream e per certi versi “digeribili”. Paladina del cinema indie, Michelle Williams ha anche offerto ottime interpretazioni in pellicole sfuggite al radar degli award, ne è un esempio La terra dell’abbondanza di Wim Wenders, dove la Williams interpreta uno dei suoi personaggi più inediti e rende una performance molto intimista. Qui interpreta Lana, una ragazza che dopo aver trascorso lunghi anni al seguito del padre missionario, torna negli Stati Uniti per studiare. Ma dopo il suo arrivo, decide di occuparsi dello zio Paul, veterano della guerra in Vietnam che, dopo l’11 settembre, vive in uno stato di isolamento e di costante allerta nel timore di un nuovo attacco terroristico.
Michael Shannon – Take Shelter (2011)
Nella pellicola scritta e diretta da Jeff Nichols, per la quale Shannon riceve nomination da diversi circoli della critica, l’attore interpreta forse uno dei suoi personaggi più efficaci, con una performance alla quale forse era già stato preparato attraverso il film Bugs (2006) di William Friedkin. Shannon impersona Curtis, un uomo che trascorre una vita tranquilla con sua moglie e sua figlia, fino a quando comincia ad essere scosso da terribili incubi notturni. È soprattutto ossessionato dalla minaccia di un tornado devastante e le visioni apocalittiche si impadroniscono poco a poco di lui. Il suo comportamento diventa un problema nelle sue relazioni con gli altri e con la moglie, e nulla sembra riuscire a vincere il terrore che si è impossessato di lui.
Viola Davis – Prisoners (2013)
Anche se il vero riconoscimento sembra arrivare per il talento della Davis attraverso un ruolo crowd pleaser, di una lunga serie nella sua carriera, dopo The Help e Il dubbio, anch’essi riconosciuti dalla nomination all’Oscar. Ruoli forse dalla lacrima facile in cui non rientra quello di Prisoners, magnifica pellicola di Denis Villeneuve che segue le vicende di Keller Dover si ritrova ad affrontare il peggior incubo che possa capitare a un padre: Anna, la figlia di sei anni, è scomparsa insieme all’amichetta Joy. La Davis interpreta abilmente e con grande efficacia il ruolo di Nancy, una madre disposta a qualunque cosa per ritrovare la figlia Joy.
Casey Affleck – The Killer Inside Me (2010)
Nel film diretto da Michael Winterbottom, Affleck è Lou Ford, un ufficiale di polizia dai modi amichevoli che incontra i favori della gente. Riesce a farsi apprezzare anche dai criminali della piccola città dove lavora, al punto che questi pensano che sia un po’ toccato. Ma dietro i suoi modi gentili e civili, si nasconde una personalità complessa. I problemi saltano al pettine quando una spirale inedita di violenza fa salire il numero delle vittime di casi di omicidio. Per una serie di circostanze a un certo punto i sospetti dirigono verso lo stesso Lou. E a quel punto Lou mostrerà la sua vera natura. Una performance, quella di Affleck, dalle diverse sfaccettature, che permette all’attore di dimostrare il suo grandioso talento, con un ruolo di notevole oscurità.
Quali sono secondo voi le performance degli attori delle nomination agli Oscar di quest’anno che avrebbero meritato maggiore attenzione?