Il 5 novembre 2025 il tycoon Donald Trump è stato confermato come 47° Presidente degli Stati Uniti d’America, la seconda volta per il controverso cittadino americano dopo il primo mandato durato dal 2016 al 2020. Un mandato quello precedente che aveva mosso Hollywood verso una fase decisamente progressista e di riconoscimento dei pari diritti sociali per le minoranze minacciate dalle politiche conservatrici del governo Trump.
Negli anni del primo mandato del tycoon americano, anche l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences aveva riflettuto questa tendenza, consegnando il suo riconoscimento massimo a titoli quali Moonlight, La forma dell’acqua, Green Book, Parasite e Nomadland. Tutti lungometraggi che in una maniera o nell’altra hanno raccontato vite ai margini, lotte per l’uguaglianza e per i diritti sociali. E quest’anno, quali titoli potrebbero “beneficiare” del secondo mandato di Donald Trump agli Oscar che verranno?
Anora (Sean Baker)
Il quinto lungometraggio di Sean Baker, vincitore della Palma d’Oro al 76° Festival di Cannes, è ancora una volta un racconto poetico ed ironico sulle vite degli emarginati degli Usa, sulla (dis)illusione del sogno americano, con protagonista ancora una volta (dopo il precedente ed ottimo Red Rocket) una sex worker irresistibile interpretata da una Mikey Madison in odore già di statuetta.
Anora, giovane sex worker di Brooklyn, vede la chance di far svoltare la propria vita come una principessa delle fiabe quando incontra e sposa impulsivamente il figlio di un oligarca. Una volta che la notizia raggiunge la Russia, però, l’idillio viene minacciato dai ricchi genitori del neo-sposo, che partono immantinente alla volta di New York per ottenere l’annullamento del matrimonio.
The Brutalist (Brady Corbet)
Leone d’Argento all’81° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, The Brutalist è un altro racconto sull’American Dream, stavolta narrato attraverso il punto di vista dell’immigrato ungherese László Toth (Adrien Brody), che in terra statunitense diventerà un architetto di grande fama e sarà autore di un’opera di ingegneria monumentale e dal significato sinistro. Il film di Brady Corbet lo ritroveremo agli Oscar del prossimo anno.
Quando il visionario architetto László Toth e la moglie Erzsébet fuggono dall’Europa del dopoguerra nel 1947 per ricostruire la loro eredità e assistere alla nascita dei moderni Stati Uniti, le loro vite cambiano per sempre nel momento in cui vengono approcciati da un ricco e misterioso cliente.
Conclave (Edward Berger)
La nuova era Trump potrebbe favorire altresì l’ottimo e solido Conclave, esordio alla regia di un film in lingua inglese per il premio Oscar Edward Berger (Niente di nuovo sul fronte occidentale). Tratto dal provocatorio romanzo di Robert Harris, il film immagina un turbolento conclave in età contemporanea dove le lotte di potere intestine si legano indissolubilmente ad una certa spinta verso il progressimo più sorprendente dietro le mura vaticane. Potrebbe risuonare molto nelle menti dei membri dell’Academy più leftist.
Il cardinale Lawrence (Ralph Fiennes) sovrintende al gruppo di pari ruolo responsabili per la selezione del nuovo Papa, ma al contempo cerca anche di scoprire i segreti che il defunto pontefice non ha mai rivelato.
Emilia Perez (Jacques Audiard)
Impossibile non immaginare Emilia Perez risalire il podio dei titoli sulla carta più papabili per l’Oscar 2025 al miglior film dopo la seconda elezione alla presidenza del tycoon conservatore. Il musical atipico scritto e diretto da Jacques Audiard è il concentrato perfetto delle minoranze che l’amministrazione Trump vorrebbe delegittimare: ambientato in Messico e recitato (quasi) prevalentemente in lingua spagnola, la sua protagonista titolare è un ex-narcotrafficante che decide di cambiare sesso e fare del bene alla società interpretato da un’attrice spagnola (Karla Sofìa Gascòn) che potrebbe divenire la prima interprete transgender a ricevere una candidatura alla statuetta.
Rita (Zoe Saldana, straordinaria) è avvocatessa in un grande studio legale messicano, che un giorno riceve un’offerta inaspettata: aiutare il temuto boss di un cartello del narcotraffico a ritirarsi dai suoi affari e scomparire per sempre, diventando la donna che ha sempre sognato di essere.
Nickel Boys (RaMell Ross)
Un altro titolo che potrebbe particolarmentre risuonare nella mente e nei cuori dell’Academy più progressista è senza dubbio Nickel Boys di RaMell Ross, cineasta qui al suo primo, efficace tentativo di dirigere un lungometraggio di finzione. Tratto dal romanzo omonimo di Colson Whitehead, Nickel Boys è il racconto agghiacciante e straziante degli orrori (veramente accaduti) ad alcuni ragazzi afroamericani di un riformatorio statunitense razzista e bigotto. Un titolo che, al netto della prima amministrazione Trump, potrebbe per l’appunto riflettere la corsa all’Oscar che nel 2017 fu di Moonlight di Barry Jenkins.
Elwood Curtis, giovane ragazzo afroamericano, viene iscritto alla rigida Nickel Academy dopo essere stato falsamente accusato di un crimine. Qui incontra un ragazzo di nome Turner e i due stringono una stretta amicizia mentre cercano di sopravvivere agli orrori della scuola e ai suoi amministratori corrotti.
Sing Sing (Greg Kwedar)
Al Toronto International Film Festival del 2023 fu particolarmente apprezzato ad applaudito da pubblico e critica, ma nel corso di quest’anno non ha di certo fatto sfracelli al box-office americano, anzi. Distribuito in Usa da A24, Sing Sing è il commovente racconto di alcuni detenuti del celebre carcere di massima sicurezza che cercano e trovano rifugio e redenzione nell’arte teatrale del palcoscenico.
Con protagonista un sempre più lanciato Colman Domingo attorniato da un cast di veri ex-detenuti (tra cui un Clarence Maclin che sembra ben posizionato per una nomination in supporting), Sing Sing di Greg Kwedar è l’altro titolo da tenere d’occhio e che potrebbe fare lo sgambetto ad altri contender ben più blasonati. Un po’ come accadde a CODA – I segni del cuore nel corso del 2022 ai “danni” di Jane Campion, Kenneth Branagh e Steven Spielberg.
Wicked (John M. Chu)
E dulcis in fundo, non può mancare quello che a tutti gli effetti potrebbe diventare da qui a qualche settimana uno degli incassi più portentosi dell’anno, almeno nelle sale statunitensi. Stiamo parlando di Wicked, adattamento cinematografico dell’omonimo musical di Broadway qui diretto da John M. Chu e con protagoniste Cynthia Erivo e Ariana Grande.
Vero e proprio prequel de Il Mago di Oz (il musical a sua volta è adattamento libero del romanzo omonimo di Gregory Maguire), Wicked è un racconto fantasy sulla tollerenza e il bigottismo, che potrebbe risuonare ancora una volta alle orecchie dei membri dell’Academy. Nel musical, il mondo di Oz è osservato da un punto di vista inedito, in cui quella che dovrebbe essere stata la vera eroina della vicenda viene erroneamente scelta per vestire i panni della strega malvagia, ma in realtà si rivela essere una combattente per la libertà che si oppone al grande mago per proteggere la propria patria in pericolo.