Oscar Guide – 5 cose da fare per vincere un Oscar

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Di Gabriele La Spina

Chi di noi non ha mai improvvisato in casa propria un oscar speech o meglio un discorso di accettazione dell’ambita statuetta, stringendo magari in mano un telecomando o una spazzola? Beh, anche se non siete dei veri e propri patiti della cerimonia degli Academy Awards siamo sicuri che vi siete sempre chiesti quali siano le carte che bisogna giocarsi per vincere un Oscar.

Da questa simpatica guida che vi stiamo illustrando escludiamo però il reparto tecnico, quali costumisti, truccatori, tecnici del suono e compositori dove viene premiato quasi sempre l’effettivo livello delle loro realizzazioni, quello della regia dove vengono quasi sempre premiate le grandi intuizioni dei registi, della sceneggiatura dove emerge la capacità di saper raccontare una storia in modo fluido anche sulle tematiche più complicate, e infine della miglior pellicola, dove oltre all’approvazione mediatica per la vittoria devono convergere perlomeno le eccellenze di ogni aspetto del film, è usuale infatti che la migliore pellicola dell’anno si porti a casa anche le statuette di diverse altre categorie.

Per vincere al contrario un Oscar nelle categorie attoriali non basta sempre una grande performance, perché dopotutto il giudizio può essere anche soggettivo, non per forza un attore è considerato all’unanimità il migliore dell’anno, vi sono però una serie di fattori che influenzano indiscutibilmente la vittoria del migliore attore, nonché la sua nomination. Eccovi dunque alcune tipologie di ruoli, pellicole e altri fattori, in questa guida su come vincere un Oscar, nel caso fosse quel fantomatico punto della vostra lista della cose da fare prima di morire, che credevate impossibile da realizzare, ma invece non è così. Sottolineando che ognuno di questi punti è estremamente variabile e non vi è nulla di certo.

1. Vivere a Los Angeles e avere molti amici
Vi sembrerà paradossale come primo punto, ma è così. Dopotutto gli Academy non sono altro che una comunità artistica formata da attori, registi, tecnici e non solo. Non sempre, ma spesso essere ben voluto da questa comunità, vivere a Hollywood agevola in qualche modo la nomination dell’attore, e se pensate che le case di distribuzione mettono in scena anche la così detta oscar campaign, il tutto vi farà pensare a delle elezioni politiche, eppure sempre di voti si parla (ma lo approfondiremo in un punto successivo). The Wrap ha recentemente calcolato che vi serviranno minimo 300 voti per ottenere la vittoria.

2. Trasformarsi per un ruolo

Spesso molti attori ricevono la loro prima statuetta dopo diverse nomination, semplicemente perché il ruolo decisivo, quello che convince gli Academy in pieno, non è mai arrivato. Sono numerosissimi i casi di attori, non premiati per il ruolo migliore della loro carriera, ma per quello che li ha visti trasformarsi. Gli Oscar hanno vissuto un periodo di biopic fever diversi anni fa, con le trasformazioni di attori in personaggi famosi, premiati istantaneamente con la statuetta, pensate a Meryl Streep in The Iron Lady, Marion Cotillard ne La Vie En Rose o Jamie Foxx in Ray, contemporaneamente è stato quasi un trend per le attrici imbruttirsi per un ruolo, e volti riconosciuti per la loro grande bellezza si sono svestiti della patina glam per ottenere l’Oscar, esempi calzanti sono Nicole Kidman nei panni di Virginia Woolf in The Hours, o ancora più rilevante Charlize Theron trasformata nella serial killer Aileen Wuornos in Monster.
Negli ultimi anni però vengono apprezzati anche i ruoli di sopravvivenza, che spingono l’attore oltre ogni limite fisico e quasi sempre garantiscono la nomination, ultimi esempi Reese Witherspoon in Wild o James Franco in 127 ore, e a volte la vittoria, come la tanto agognata di Leonardo DiCaprio per The Revenant. Un evergreen resta comunque il ruolo del malato, sofferente protagonista, i cui panni vengono per forza vestiti anche dallo spettatore immergendosi nella sua reatà restandone coinvolto, ricordiamo un vecchio esempio come quello di Tom Hanks in Philadelphia e facciamo un salto di diversi anni per Hilary Swank in Boys Don’t Cry, per poi arrivare a un esempio recente Matthew McConaughey malato di AIDS in Dallas Buyers Club, ruolo che ha richiesto un repentino dimagrimento, proprio come quello di Christian Bale per The Fighter. Insomma, per gli Academy vedervi diversi dal solito, fuori dalle vostre vesti, dimagriti, imbruttiti, mascherati, e quasi sempre un colpo di fulmine; anche se resta un dato di fatto che per una grande performance non servono necessariamente tutti questi mezzi. The Guardian riporta inoltre una ricerca dell’Università della California, estesa ai titoli di IMDb nominati all’Oscar tra il 1985 e il 2009, che dimostra che le tematiche legate ai drammi familiari, alla terapie fisiche, alla guerra e al premio Pulitzer sono quelle più nominate dagli Academy.

3. Essere molto anziani, molto giovani o donne nere 
Una variabile da non sottovalutare è senza ombra di dubbio l’età dell’attore. Considerando che da una recente ricerca del Los Angeles Times è risultato che almeno il 74% degli Academy ha un età media di 64 anni. Ma quanto amano gli Academy vedere vecchie glorie tornare in forma, o rimettersi in gioco ancora una volta? Tanto quanto i giovanissimi talenti alle prime armi. Per fare qualche esempio, non sono pochi i vecchi nomi nominati all’Oscar seppur senza vittorie abbiamo esempi recenti come la Charlotte Rampling di 45 anni, June Squibb in Nebraska, Emmanuelle Riva in Amour, e la lista potrebbe continuare ancora e ancora fino ad arrivare a Melissa Leo vincitrice della statuetta con The Fighter, Mickey Rourke di The Wrestler, Robert De Niro ne Il lato positivo tra i ritrovati e nominati, mentre tra i più anziani vittoriosi ricordiamo Christopher Plummer a 82 anni nel 2012 per Beginners, o ancora più indietro nel tempo Jessica Tandy a 81 anni nel 1990 per A spasso con Daisy.
Ma se invece invertiamo i poli e parliamo di giovani attori, ci saremmo aspettati tutti in effetti una nomination per il piccolo prodigio Jacob Tremblay, per la sua performance in Room, visto che nel corso della Storia gli Academy ci hanno dimostrato di amare i giovani attori apprezzando nomi come Quvenzhané Wallis di Re della terra selvaggia, o facendo un grosso salto indietro nel tempo, al 1994, Anna Paquin in Lezioni di piano, vincitrice della statuetta a 12 anni, diventando la seconda attrice più giovane della Storia a vincere l’Oscar dopo Tatum O’Neal a 11 anni, per Paper Moon. Ultima frontiera per avere una nomination, e forse una vittoria garantita è anche essere neri, visto che passati un certo numero di anni gli Academy decidono di omaggiare la comunità afroamericana, in modo del tutto velato, con una black edition riversata su ogni categoria, alcuni esempi sono le edizioni del 2002, dove fu presentatrice oltretutto Whoopi Goldberg, e vinsero Denzel Washington e Halle Berry come migliori attori protagonisti, e la recente edizione del 2013, dove trionfò 12 anni schiavo come miglior pellicola, e Lupita Nyong’o come miglior attrice protagonista. Risulta comunque una predilezione per le attrici afroamericane in primis, che hanno conquistato seppur in minoranza l’Oscar, a partire dalla Hattie McDaniel (Mami) di Via col vento, fino a Octavia Spencer di The Help.

4. Avere una campagna promozionale per gli Oscar
Come già accennato, potete avere dato il meglio di voi stessi in un grande ruolo, ma se non avete un oscar campaign come si deve non andrete da nessuna parte. Sono un po’ le case di distribuzione che decidono le sorti dell’awards season, colossi come The Weinstein Company, Paramount, Fox e Sony si fronteggiano per accaparrarsi più nomination possibili. Ma qual è il percorso giusto per una perfetta campagna per gli Oscar?
Prima di tutto, anche se potrebbe essere rischioso ed è consigliabile solo nel caso in cui si ha un’ottima pellicola tra le mani visto che il rischio che venga demolita è alto, si dovrebbe partire da un festival cinematografico, il Festival di Cannes che ha luogo a maggio è uno dei trampolini più amati, ma di grande aiuto sono quelli autunnali di Toronto o Telluride, e l’autunno resta una stagione chiave, i film che arrivano negli ultimi mesi dell’anno in sala sono forse quelli che restano più impressi nelle menti del pubblico ed è quindi più facile che non vengano dimenticati, certo ci sono pur sempre delle eccezioni, ma mettendoci nei panni di un distributore e avendo tra le mani la grande performance di un attore, abbastanza oscar friendly, ma in una pellicola mediocre, opteremmo per una première a Toronto a settembre, per poi rilasciare il film tra dicembre e novembre giusto in tempo per rientrare nell’anno per essere votato dagli Academy. Inoltre non vanno sottovalutate le interviste a riviste e talk show, da parte del suddetto attore, la campagna è anche far parlare della pellicola, farla prendere in considerazione. Facile no?

5. Trovarsi al momento giusto nell’anno giusto
Il motivo per cui Leonardo DiCaprio ha dovuto penare tanto per vincere la statuetta, è lo stesso per cui Meryl Streep ha vinto il suo terzo Oscar dopo tantissime nomination per The Iron Lady, e non per straordinarie performance come quella de Il dubbio, così come Julianne Moore ha vinto l’Oscar per Still Alice anziché per Lontano dal paradiso la cui performance era superiore. Perché non sempre è il ruolo a fruttare l’Oscar, ma lo sono il numero di nomination già ricevute con vittorie mancate, l’opinione pubblica del momento sull’attore (e qui torniamo a parlare sull’importanza della socialità per la vittoria di una statuetta).
Tant’è che a volte quella statuetta è quasi un premio onorario, un Oscar alla carriera, “il contentino”, e non sempre gli Oscar sono i punti più alti della carriera di un artista. Se è il vostro anno, se avete cinque nomination all’attivo, siete stati in sala con più di una pellicola, avete molti punti in più per giocare. Qualcos’altro che può giocare a vostro favore può anche essere se la stampa ha parlato di voi anche per altre motivazioni non cinematografiche, ad esempio si dice che Halle Berry vinse nel 2002 la statuetta per Monster’s Ball, non solo perché in un anno black, ma anche perché fu su tutti i rotocalchi per delle gravi cause giudiziarie legate a un incidente stradale.
Quisquilie direte voi. Ma se c’è una cosa che questa guida vuole dimostrarvi è che ottenere un Oscar a volte è solo un gioco, non c’è niente di cosi sacro in quella statuetta che (si dice) Bette Davis soprannominò con il nome del suo ex marito. Avrà sempre qualcosa di magico perché sinonimo di cinema, e non c’è niente che ci fa sognare più della settima arte, ma dietro c’è più di quanto ci si possa immaginare.