Di Simone Fabriziani
Sotto l’egida del voto preferenziale re-istituito a partire dal 2009, l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences per ben tre volte ha seguito un percorso autocelebrativo dell’industria hollywoodiana, la sua magia e la sua evoluzione premiando tre titoli che ci hanno ricordato l’irresistibile fascino della settima arte.
Ad inaugurare, perlomeno nel decennio vigente, l’autocelebrazione forse il titolo più esplicativo di questa tendenza dell’Academy nel sentirsi rappresentata: stiamo parlando di The Artist, co-produzione francofona scritta e diretta dal francese Michel Hazanavicious, primo cineasta di lingua a vincere la statuetta di categoria. Omaggio in bianco e nero al grande cinema muto e ironico sguardo all’avvento del sonoro nel 1929 attraverso gli occhi e i baffi dell’istrionico attore George Valentin (Jean Dujardin), il film viene presentato in concorso a Cannes 2011 vincendo il premio attoriale a Dujardin; in seguito acquistato dalla Weinstein Company per la distribuzione per il mercato nordamericano, domina la stagione dei premi successiva vincendo 5 Oscar e facendo la storia: è la prima produzione francese a ricevere tale titoli e Jean Dujardin è il primo attore francofono ad ottenere la statuetta come best lead actor.
L’anno successivo a dominare la awards season è Argo, terzo film dietro la macchina da presa per Ben Affleck. Straordinario e dinamico racconto di cronaca e diplomazia, Argo racconta con tenacia ed eroismo come Hollywood ha salvato nel 1979 alcuni membri dell’ambasciata americana a Teheran da morte sicura subito dopo il violento scoppio della rivoluzione iraniana: mettere in scena un set cinematografico per salvare i diplomatici statunitensi. Sette nomination e tre Oscar per il film di Affleck, secondo nella storia dell’Academy a vincere il trofeo maggiore senza la candidatura alla regia.
Nel 2015 la cerimonia degli Oscar è dominata da Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza), trionfo tecnico virtuosistico nei meandri della mente di un attore hollywoodiano depresso (Michael Keaton) alle prese con l’esperienza teatrale e i fantasmi del passato. Nove candidature e 4 premi per il film prodotto, scritto e diretto da Alejandro Gonzalez Inarritu, primo regista messicano a vincere l’Oscar di categoria e tra i pochi cineasti a trionfare nella stessa notte con tre statuette personali (film, regia, sceneggiatura), seguendo le orme immortali di personalità come Billy Wilder, Francis Ford Coppola e i fratelli Coen.
Sarà autocelebrazione dei prodigi e del fascino della settima arte anche quest’anno con La forma dell’acqua di Guillermo del Toro? Il film fantasy del regista messicano è attualmente in pole position dopo aver vinto 4 Critics’ Choice Awards (tra cui miglior film) e il prestigioso Producers Guild Award, in attesa della conferma (o della smentita) questa notte con i risultati del Directors Guild Award.