Di Alfredo Di Domenico
Dopo l’exploit di
Gravity e la vittoria dell’Oscar il regista messicano
Alfonso Cuaròn si è preso la sua rivincita dopo anni di attesa imponendosi come una dei registi più innovativi degli ultimi tempi. Il suo modo di dirigere, i suoi film, la sua tecnica è del tutto singolare, il suo approccio introspettivo col cinema è davvero interessante e i suoi interminabili piano sequenza non lasciano mai indifferenti.
Una filmografia solo apparentemente scarna dove compaiono pochi titoli ma alcuni dei quali hanno avuto l’occasione di far parlare di se e far conoscere questo eclettico regista al grande pubblico. Insieme ai colleghi, amici e connazionali
Guillermo Del Toro e
Alejandro G. Inarritu è considerato uno dei pionieri del cinema del nuovo millennio. Nel 2013 Alfonso diventa il primo regista messicano nella storia ad aggiudicarsi l’Oscar di categoria e il Directors Guild of America Award. Tra gli altri premi vinti figurano due BAFTA, sempre come regista e produttore e un Golden Globe Globe, tutti vinti per Gravity.
Y tu mamá también (2001)
In Messico, due ragazzi adolescenti e un’attraente donna di trent’anni partono per un viaggio in auto durante il quale si confronteranno e nascerà uno strano triangolo d’amore. Un film nato dall’esigenza del regista di girare qualcosa di nuovo ed originale, che si distaccasse dai due prodotti precedenti che era stato costretto a girare nonostante non ne fosse totalmente ispirato. Cuarçn scrive la sceneggiatura insieme al fratello Carlos in poche settimane e attraverso questa storia, apparentemente semplice, c’è la duplice volontà di raccontare sia il momento storico in cui versava il suo paese natale, il Messico, che viveva un momento di trasformazione sia economica che sociale, sia la sua necessità di emanciparsi personalmente e crescere artisticamente. Y tu mamá también è la prima opera di Cuaròn ad aver ha destato clamore ed entusiasmi diffusi; ha ricevuto infatti, insieme al fratello Carlos, una candidatura agli Oscar per la migliore sceneggiatura, così come a Venezia, e una nomination ai Globe come miglior film straniero.
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (2004)
Per Cuaròn questo progetto inizialmente rappresentava un film di transizione; dopo Y tu mamá también aveva già in mente di girare I figli degli uomini ma non aveva le possibilità economiche, cosa che girare un film ad alto budget come Harry Potter gli avrebbe permesso di ottenere. Dopo i due film di Harry Potter diretti da Chris Columbus la produzione decise per un cambio di rotta, rompendo con quella tipologia di film da famiglia e rendere la storia più accattivante e dark, avvicinandosi al mood del libro. Cuaròn riesce in questa impresa, il terzo capitolo della saga, Il prigioniero di Azkaban, è davvero incredibile, cupo, oscuro, realistico e molto introspettivo, lontano dalle atmosfere fiabesche e puerili dei primi due film, linea che verrà seguita anche dai registi che dirigeranno gli adattamenti successivi. Curioso il siparietto avuto con l’amico Guillermo del Toro a riguardo questa esperienza: “Guillermo mi ha chiesto: hai letto i libri? Io gli ho detto che avevo visto solo il primo film e che non era roba per me. E lui mi ha richiesto: ma hai letto i libri? Gli ho risposto di no e lui si è arrabbiato da morire, mi ha detto: brutto bastardo ignorante, vai di corsa a comprare quei cavolo di libri, leggili e chiamami immediatamente quando hai finito!”
I figli degli uomini (2006)
Due anni dopo Harry Potter Cuaròn realizza una delle sue opere migliori e sicuramente una delle più personali. L’idea di girare questo film era nata anni prima ma non aveva i mezzi economici per realizzarla. Tutto è nato l’11 settembre del 2001, dopo quel tragico evento il regista ha cominciato a chiedersi come avremmo vissuto di li in poi e quale forma e direzione avrebbe preso il nuovo millennio. Il film, ispirato al romanzo omonimo di P.D. James, è ambientato nel 2027 a Londra. In un mondo caotico in cui gli umani non possono più procreare, Theo un disilluso ex professore di storia, accetta di condurre Julian, una donna che è miracolosamente rimasta incinta dopo 20 anni di sterilità generale, a un santuario in riva al mare dove la nascita di suo figlio può aiutare gli scienziati a salvare il futuro dell’umanità. In un mondo che si avvia verso la distruzione sia fisica che morale la nascita di una nuova vita è un raggio di sole in un mondo spento, un barlume di speranza per un genere, quello umano, alla deriva. Controverso e, forse, poco apprezzato dal pubblico il film resta comunque uno dei più forti, introspettivi ed encomiabili prodotti del regista messicano a cui comunque viene riconosciuta l’originalità e la profondità dell’ idea con una nuova candidatura agli Oscar per la sceneggiatura e anche per il montaggio.
Gravity (2013)
Il progetto di Gravity è nato molti anni prima del 2013, infatti fu inizialmente presentato ai produttori ma poi bocciato dalla Universal perché ritenuto troppo rischioso. Fortunatamente la Warner lo ha giudicato diversamente. Il film racconta di due astronauti Ryan Stone e Matt Kowalsky nel momento in cui lavorano ad alcune riparazioni di una stazione orbitante nello spazio, quando un’imprevedibile catena di eventi gli scaraventa contro una tempesta di detriti. L’impatto devastante distrugge la loro stazione e li lascia a vagare nello spazio nel disperato tentativo di sopravvivere e trovare una maniera per tornare sulla Terra. 90 minuti di adrenalina e spettacolo puro con una Sandra Bullock da Oscar. Avveniristico, potente e toccante Gravity non è solo un tripudio di effetti speciali di avanguardia ma è la storia di un istinto primordiale, quello che spinge a superare immani difficoltà e a rimanere attaccato alla vita. Il film è diventato uno dei film che hanno incassato di più del 2013 arrivando alla soglia del miliardo di dollari al botteghino, ha ricevuto premi e onori in lungo e in largo tra cui 10 nomination e ben 7 Oscar tra cui quello per la regia, consacrando, dopo 20 anni di carriera, uno dei registi più innovativi e intelligenti del nostro tempo.
Il 2018 è di nuovo l’anno del regista messicano, incensato di premi imponenti per Roma, ambizioso racconto dalle sfumature nostalgiche e autobiografiche di una famiglia benestante di Città del Messico agli inizi degli anni ’70 sullo sfondo di un abbacinante bianco e nero. Vincitore del Leone d’oro alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Roma è il debutto di Cuaròn alla distribuzione rivoluzionaria del colosso dello streaming Netflix, materia di feroci discussioni all’interno della comunità della distribuzione cinematografica internazionale. Vivido e poetico inno alla vita semplice e alla bellezza delle piccole cose, Roma è il film più commovente e sentito di una carriera dietro la macchina da presa straordinaria. Che il regista messicano il prossimo febbraio possa diventare il secondo cineasta in lingua spagnola a ricevere una nuova statuetta alla regia?