A UNITED KINGDOM – La Recensione

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Di Simone Fabriziani

Se c’è una lezione che lo spettatore apprende alla fine di A United Kingdom è quella di recarsi alla prima libreria disponibile ed acquistare un buon manuale di cinematografia: come si fa un (buon) film?
La pellicola di Amma Asante è l’esempio più sfortunato e manicheo di come raccontare una bella storia vera (dalle tante implicazioni politiche e sociali) con pressappochismo e poca diligenza verso il materiale d’origine.

Ispirato al romanzo “Colour Bar” di Susan Williams, il film della Asante racconta la incredibile storia d’amore tra Seretse Khama, giovane erede al trono del Bechuana Land, e della dattilografa britannica Ruth Williams. L’amore tra i due scoppierà come un petardo sconvolgendo gli equilibri della società benestante inglese che non vedeva ancora di buon occhio i cittadini di colore, e i precari equilibri diplomatici tra il Regno Unito e il territorio africano del Bechuana, negli anni ’40 ancora sotto il Protettorato del Commonwealth.
Portata alla luce del grande schermo con poca passione per l’opera letteraria della Williams, “A United Kingdom” entra di diritto tra le pellicole britanniche più discutibili dello scorso 2016; presentato in anteprima mondiale allo scorso London Film Festival con ben pochi entusiasmi da parte del pubblico e della critica europea ed internazionale, il film racchiude in meno di due ore tutto ciò che non dovrebbe essere un biographic movie in un decennio cinematografico di cui il genere  ne abbonda saturo.

Retto unicamente dalle servizievoli performance di David Oyelowo e Rosamund Pike, “A United Kingdom” non sfugge alla maledizione del biopic odierno: sempre accennata e mai opportunamente enfatizzata né approfondita, la storia della crisi diplomatica tra il futuro Botswana e la Gran Bretagna si riduce ad una mise en scene parziale ed estremamente patinata al punto da condurre lo spettatore a provare una misurata freddezza nei confronti della coppia di inusuali innamorati che ha cambiato per sempre le sorti democratiche del Botswana e cha ha sfidato le restrizione sociali e razziali del tempo.
Troppo poco per una bella storia che meritava più passione ed attenzione, ma che tra qualche anno si meriterà ahinoi un posto indiscusso nel palinsesto pomeridiano delle torride domeniche d’agosto su Canale 5.

VOTO: ★★




 

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