Di Daniele Ambrosini
Dopo 5 anni da Prometheus arriva in sala il secondo capitolo della serie prequel di Alien, nuova estensione del fruttuoso franchaise che nelle intenzioni di Ridley Scott potrebbe addirittura comprendere altri 4 nuovi film. Se nel 2012 eravamo a bordo di una nave spaziale di nome Prometheus, oggi siamo in una nuova nave, la Covenant, impegnata in una missione di ricolonizzazione e diretta verso un pianeta che ormai dista solo sette anni di viaggio quando qualcosa va storto.
L’equipaggio della Covenant si trova in stato di sonno criogenico mentre la nave è governata da Walter, un modello di androide simile a David ma a cui sono state apportate alcune non indifferenti modifiche, e da un’intelligenza artificiale chiamata Mother. Un giorno la nave si trova nel mezzo di una tempesta di neutrini generata da un brillamento stellare improvviso e la nave subisce seri danni, così Walter e Mother sono costretti a risvegliare l’equipaggio. Nell’incidente sono morti numerosi coloni ed un membro dell’equipaggio, il capitano Branson. Così la Covenant si ritrova di colpo sotto il comando di un nuovo capitano e mentre tutto l’equipaggio si appresta a sistemare i danni riportati dalla nave prima di tornare nelle capsule criogeniche, captano un segnale radio da un pianeta in perfette condizioni di abilità poco distante dalla loro posizione. Allora il nuovo capitano decide di lasciare la rotta stabilita e di virare verso questo nuovo pianeta che, nelle sue intenzioni, potrebbe essere la nuova casa dei coloni della Covenant.
Complice un completo recast che non è stato in grado di sostituire attori del calibro di Noomi Rapace, Charlize Theron e Idris Elba ed una sceneggiatura fin troppo elementare, il film non riesce mai a decollare del tutto. La prima parte del film scorre lenta, subito dopo l’incidente che ha risvegliato l’equipaggio c’è una lunga sezione dedicata al compianto del capitano, il cui unico scopo è quello di farci avvertire il forte senso di famiglia venutosi a creare all’interno dei membri della Covenant (che di fatto sono tutti, o quasi, sposati tra loro) ma che finisce con l’essere caricata di inutili patetismi e frasi preconfezionate che non solo rallentano la narrazione ma che si digeriscono a fatica. Nella seconda parte invece arriva l’azione vera e propria e soprattutto arrivano gli alieni, per la gioia dei fan della saga. Il tutto diventa più scorrevole e piacevole da guardare, mancano le derive horror caratteristiche dell’Alien originale, qui sacrificate per rendere il film a tutti gli effetti un action movie, nella concezione più commerciale e moderna del termine.
I nuovi personaggi sono per lo più monodimensionali e caratterizzati giusto quel minimo che basta per mandare avanti la storia e poter sfruttare la deriva sentimentale quanto più possibile per giustificare le azioni dei personaggi, scelta francamente discutibile data, appunto, l’elementarità della loro caratterizzazione che non crea un reale legame emotivo con lo spettatore. Un po’ fuori da questo discorso il personaggio di David/Walter affidato a Michael Fassbender, unico elemento di continuità con il precedente Prometheus, che è abbastanza interessante di per sé ma che in numerose occasioni va incontro a terribili scivoloni, legati alla caratterizzazione “meccanica” richiesta dal personaggio.
La regia di Scott è priva di particolari guizzi e abbastanza piatta, soprattutto nelle scene d’azione che spesso risultano confuse. Anche la storia arrivati a metà film diventa terribilmente prevedibile, facendo sorgere seri dubbi sul futuro del franchise che forse, già al secondo film, ha esaurito un discorso prevedibile e portato avanti senza originalità, e per questo fortemente penalizzato. Nonostante tutto Alien: Covenant resta un film godibile, peccato che sia anche del tutto dimenticabile.
VOTO: 5/10