Alpha – Un’amicizia forte come la vita – La recensione dell’atipico survivor movie preistorico

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Di Daniele Ambrosini

Ambientato 20.000 anni fa, Alpha – Un’amicizia forte la vita racconta la storia di Keda, adolescente figlio del capo di una tribù che viene dato per morto dalla sua famiglia dopo essere stato coinvolto in un incidente durante la sua prima caccia al bisonte, un rituale annuale che garantisce la sopravvivenza della tribù. Solo e lontano da casa, Keda troverà un insolito alleato in un lupo abbandonato dal suo branco poiché ferito, e quindi debole. Nella lunga e tortuosa strada verso casa, tra Keda ed il lupo Alpha nascerà una bellissima amicizia che segnerà per sempre le sorti dell’umanità.

Alpha è un film che parte da una premessa piuttosto semplice (come il cane è diventato il migliore amico dell’uomo), che sembra puntare ad un pubblico costituito principalmente da famiglie e giovani spettatori, trainato soprattutto dal sempreverde fascino del comprimario a quattro zampe; insomma Alpha sembra essere un’operazione commerciale di puro intrattenimento, pensata per smuovere quel poco che è necessario per poterlo definire un film commovente, una cosa alla Io & Marley o Hachiko – Il tuo migliore amico, ma ambientato nella preistoria. Fortunatamente non è così. Il primo film in solitaria diretto da Albert Hughes – in precedenza regista in coppia con il fratello Allen di film come Nella giungla di cemento e La vera storia di Jack lo quartatore – è qualcosa di completamente atipico nel panorama hollywoodiano: un survivor movie quasi completamente privo dei cliché propri del genere, dalla struttura insolita ed un impianto visivo che ricorda quello di un film indipendente. 
Poche, incisive, spesso lapidarie, battute bastano per descrivere la società nella quale veniamo catapultati nella prima parte ed i rapporti del protagonista con la sua tribù. L’atmosfera che si viene a creare è quella di una società in cui il linguaggio è ancora poco codificato, in cui una parola detta al momento giusto vale più di una frase ben articolata, ed è una scelta tanto efficace nel fissare le coordinate temporali da farci quasi dimenticare che il film è recitato in inglese e non in una qualche antica lingua indigena. Ma, non appena Keda resta da solo in scena con il lupo, l’incapacità tutta hollywoodiana di sostenere a lungo i silenzi rovina l’incanto di questa audace scelta linguistica. Nel complesso, però, bisogna ammettere che la sceneggiatura scritta da Daniele Sebastian Wiedenhaupt per Hughes fa delle scelte piuttosto coraggiose, come quella di aprire il film con un lungo flashback e di non alleggerire il percorso di Alpha e Keda, descrivendone le difficoltà e le sfide per la sopravvivenza in modo verosimile e molto credibile. 
Hughes fa un lavoro quantomeno bizzarro dietro la macchina da presa. Il suo è uno stile ibrido che unisce le istanze e le necessità del cinema hollywoodiano (scene d’azione impersonali e pulite, establishment shot chiari e puntuali per ogni cambio di location, ecc…) ad attenzioni proprie del cinema indipendente. Il suo continuo scrutare il cielo, e la sua variabilità, aggiunge al racconto un che di spirituale, qualcosa di perfettamente ancorato alla concezione di religione tribale che lo script di Wiedenhaupt accenna solamente. 
Ciò che funziona poco nel film e che in qualche modo vanifica buona parte degli sforzi profusi da Wiedenhaupt e Hughes è la frammentarietà delle scene che lo compongono, unite in un insieme disomogeneo in cui è evidente che mancano dei pezzi. Alpha sembra essere la versione ridotta di un film almeno mezz’ora più lungo. L’evoluzione del rapporto tra Keda e Alpha è così veloce da essere quasi disorientante, l’atteggiamento di uno nei confronti dell’altro cambia radicalmente da una scena all’altra, tanto che sembra che in mezzo sia stato tagliato qualcosa di fondamentale. In questo modo un film, il cui scopo dovrebbe essere quello di seguire e raccontare in modo progressivo le varie tappe di un viaggio, diventa un film dalla natura quasi episodica, in cui ogni scena è trainata da un determinato evento e la successiva, trainata da qualcosa di completamente differente, sembra essere indipendente dalla precedente. Alpha manca di continuità ed omogeneità, due elementi fondamentali per l’evoluzione della storia. Ed è difficile capire se la colpa sia del regista o dello sceneggiatore o se, invece, sia solo un problema di montaggio.  
Alpha – Un’amicizia forte come la vita è sostanzialmente un film in cui pregi e difetti si bilanciano. Un film quasi interamente sorretto dall’ormai ex bambino prodigio Kodi Smit-McPhee, con l’aiuto di un adorabile comprimario canino, in grado di rubare la scena in numerose occasioni. Un film tutto sommato piuttosto coraggioso che, in fondo, si guarda piuttosto volentieri. Peccato soltanto che il film proceda troppo frettolosamente verso il suo finale dal sapore epico – forse un po’ troppo epico.
VOTO: 6/10


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