Arrival – La recensione

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Di Simone Fabriziani

L’amore, il tempo, la vita, la gioia, il dolore, essere umani. Questi sono solo alcuni degli ambiziosi temi che bollono in pentola in Arrival, quarto film in lingua inglese del cineasta canadese Denis Villeneuve e presentato con grande successo di pubblico e critica all’ultima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Ispirato al racconto breve Story of Your Life dello scrittore statunitense di fantascienza Ted Chiang, il nuovo film di Villeneuve plasma ammirevolmente l’involucro del tradizionale racconto di un contatto alieno sulla Terra assieme alle più fondate e fondamentali domande dell’essere umano di fronte alla paura dell’ignoto: perché dodici misteriose navicelle spaziali si sono stanziate in alcuni punti della Terra apparentemente casuali, ma soprattutto: che cosa vogliono da noi?
A dover svelare l’arcano entrando in contatto con le entità aliene all’interno di una delle innumerevoli navicelle è la eminente linguista Louise Banks (Amy Adams); sarà infatti soltanto attraverso il gioco del contatto linguistico che una comunicazione basilare ma proficua si concretizzerà tra esseri umani (sempre più allarmati dalla presenza aliena) e i visitatori dello spazio profondo.


Solo apparentemente canonico sci-fi movie, “Arrival” ambisce a tutti gli effetti a completare una ideale trilogia dell’essere umano iniziata con i limiti morali e religiosi di Prisoners e continuata ottimamente con la pecora sperduta nel regno dei lupi della droga in Sicario; oltre l’incomunicabilità e la paura recondita dell’incomprensione, dell’ignoto, dell’”altro” diverso dal “noi”, c’è l’incrollabile potere della parola e del linguaggio, ma basterà ad evitare uno scontro tra civiltà di diversi mondi?
La risposta va immancabilmente cercata nel sorprendente colpo di scena finale (che qui non riveleremo) e nello sguardo e negli occhi pieni di stupore, dubbio e meraviglia di Amy Adams, mai stata più brava, qui attorniata anche dagli ottimi Jeremy Renner e Forest Whitaker.
Imperdibile sci-fi d’autore che conferma il talento trasversale di Denis Villeneuve dietro la macchina da presa in attesa di vederlo ancora impegnato nella fantascienza con l’atteso sequel Blade Runner 2049.

VOTO: 8/10




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