AVE, CESARE! – La Recensione

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Di Simone Fabriziani
 Una civettuola e lagnosa starlet alle prese con un film inconcludente e una paternità, indesiderata, in sospeso; un rispettato regista britannico si dispera a causa delle discutibili doti recitative di una stella del cinema western; un rispettato attore viene rapito da una misteriosa setta durante le riprese di un kolossal biblico in cambio di un lauto riscatto; a tutto questo dovrà porre rimedio un irascibile produttore esecutivo timorato da Dio: d’altronde si confessa ogni giorno per aver fumato più di due sigarette! Benvenuti nel nuovo, scintillante circo di variegata umanità raccontato dall’estro dei Fratelli Coen nella loro ultima fatica: Ave, Cesare!

Inseguendo una forma di racconto più simile alle loro opere minori più leggere che non ai grandi drammi esistenziali (forse ingiustamente i più premiati), “Ave, Cesare!” è, credeteci o meno, una lettera d’amore scanzonata, grottesca, filosofica, ironica e satirica (insomma nello stile dei Coen, no?) alla grande produzione cinematografica della Hollywood degli anni dorati.
Non manca proprio nulla in quella che, più o meno, rimane una vetrina roboante di attori viziati, di autori sull’orlo di una crisi di nervi e di scintillanti numeri musicali che omaggiano le grandi coreografie del musical americano del periodo d’oro: da Busby Berkeley ai funambolici passi di danza di Gene Kelly; il tutto condito dall’assurda ricerca del covo della setta che ha rapito l’attore di punta del kolossal biblico: “Il Futuro” ha messo le mani su Hollywood, e vuole un riscatto!
C’è tutto nell’ultima, graffiante pellicola di Joel ed Ethan Coen: satira, ironia, sequenze cult, un gran cast, ma soprattutto una appassionata apologia a quel sistema che da sempre però i fratelli del cinema indipendente contemporaneo rifuggono: ma siamo davvero sicuri che i Coen provino repulsione nei confronti del rutilante mondo di Hollywood?
Forse si, tanto vale allora ricordarlo con quel fascino d’altri tempi, in quel periodo in cui i divi erano delle “figure sociali” senza macchia sul grande schermo, perché tanto a ripulire quelle macchie ci pensava il produttore; e gli sceneggiatori? Bloccati un un limbo dantesco, a sognare “il futuro” del sistema cinematografico.
Una pellicola meno impegnata ma non meno impegnativa per i Coen, una carnevale hollywoodiano omaggiato in primis da un cast in gran spolvero: dal burbero Eddie Mannix/Josh Brolin all’ironico George Clooney, da una bisbetica Scarlett Johansson ad un divertentissimo cameo dell’mmancabile Frances McDormand.
Ma a rubare la scena sono le nuove leve: se il numero musicale di Channing Tatum è ormai un “momento cult” nella filmografia dei fratelli, sorprende invece la coriacea ironia del giovane Alden Ehrenreich (lo abbiamo già visto in “Beautiful Creatures” e “Blue Jasmine”), alle prese con Hobie Doyle, star del cinema western alle prese con il suo primo ruolo drammatico sul grande schermo; ci sarà da divertirsi.
VOTO: 3/5