Babadook – La recensione dell’horror instant cult di Jennifer Kent

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Di Gabriele La Spina

Approdato nel 2015 nelle sale italiane, a un anno di distanza dalla sua uscita, la brillante opera prima, della regista australiana Jennifer Kent che riporta sul grande schermo una fiaba horror post-moderna, piena di citazioni cinematografiche, intrinseca di una significativa morale sulla natura umana. Uno dei più bei film horror dell’ultimo decennio.
Babadook si presenta con un’apertura estremamente onirica, che ne distingue i tratti alla lontana lynchani, Amelia si ritrova dal sogno lasciarsi cadere nel suo letto per ritornare alla realtà. Una realtà scomoda quella della protagonista, che trascina con sé un traumatico incidente che le ha portato via il marito poco prima di dare alla luce Samuel, lo sgradevole bambino iperattivo, che pian piano l’ha isolata  e allontanata da ogni rapporto sociale, in una tetra casa gotica, e costretta a una nauseante routine: una vita, la sua, completamente monopolizzata dal figlio. Tutto però sarà stravolto quando i due troveranno un misterioso libro pop-up, altamente inquietante, così come le sue filastrocche, intitolato Mr. Babadook. Dimenticate gli horror realizzati apposta per spaventare lo spettatore, Babadook non è questo, non troverete gli effetti sonori jump scare, il “buh!” per sollecitare lo spavento, Jennifer Kent, che oltre a essere la regista e anche la sceneggiatrice di questa pellicola fuori dall’ordinario, incuterà in voi quell’angoscia graduale, passo dopo passo, vi metterà nei panni di Amelia, vi porterà a detestare il piccolo Samuel, probabilmente uno dei bambini più odiosi visti in un film horror, e a temere il Babadook. Inizialmente penserete, chi è questo uomo nero? Cosa vuole? La Kent mette in dubbio ogni tipo di moralità e di certezza, ma allo stesso tempo fa leva sulla vera natura dell’uomo, su una della angosce più viscerali dalla nostra infanzia, la paura del buio.
La  predominanza di grigio e di nero, contribuisce alla freddezza della sua ambientazione, il tutto a incorniciare un’ironia macabra che è in sé l’essenza del personaggio di Babadook scaturito dal libro. Inoltre la Kent fa uso di tecniche inaspettate, come l’animazione in stop-motion per la sua “creatura”. C’è molto di Friedkin, Lynch, Burton, Bava, Craven e Carpenter, nelle idee della Kent, ognuno di loro è in qualche modo omaggiato in questa reinvenzione della fiaba. Basti pensare al lupo e l’agnello, e poi all’agnello travestito da lupo, la vittima che diventa il carnefice in un continuo rovescio dei ruoli, ma la vittima è mai stata realmente vittima?

Tutto ha origine nel lontano 2005, quando la Kent, registra ancora alle prime armi, si cimenta nella realizzazione di un cortometraggio della durata di poco più di 10 min, dal titolo Monster. Con un rigoroso bianco nero, che poi rispecchia le scale di grigio che rivedremo in Babadook, Monster ne è la perfetta sintesi e anticipazione, sia nell’uso delle tecniche, come la già citata stop-motion, che nella morale della favola. L’eroe che scende a patti con il male, ne viene ammaliato e gli tiene testa. Se in Babadook tutto inizia con un libro, in Monster il male è scaturito da un’inquietante bambola di pezza, catalizzatore delle paure del piccolo impertinente bambino co-protagonista.

Babadook è un film che ha sorpreso in quanto opera prima, ma sorprende in egual misura la performance della protagonista Essie Davis, perfetto casting del film. Forse la ricorderete per dei piccoli ruoli nella trilogia di Matrix e in Australia di Baz Luhrmann, ma la Davis qui prende finalmente le redini della protagonista e dimostra un talento spropositato con una perfetta caratterizzazione di questa madre frustrata, anti-eroe e rappresentazione di noi stessi catapultati nell’estremo incubo quale è Babadook. Al limite dell’isterismo, distrutta, materna ma crudele, egoista ma umana. Rimasta non premiata dagli award principali, ma ampiamente riconosciuta dai vari circoli e associazioni di critica. Lo dimostrano le 48 nomination conquistate dal film, tra regia, cast e non solo, una rarità per un film horror.
Infatti Babadook non è una semplice pellicola del genere horror, ma molto di più, dimenticate il recente filone, franchising di grande successo, lanciato da James Wan con i suoi vari Insidious e The Conjuring, con i suoi sequel e prequel. Destinato a essere un cult, Babadook è un film che ha qualcosa di nuovo da dire sul genere, caratterizzato da grandi interpretazioni, da una regia estremamente ispirata e nuova. Il film si chiude con un finale inaspettato, perfetto epilogo e simbolo della più grande verità che risiede nel messaggio di Babadook: i veri demoni sono quelli con cui noi conviviamo ogni giorno della nostra vita.

VOTO: 9/10



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