Back to Black

Back To Black, la recensione del film su Amy Winehouse

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Di Massimo Vozza

Un sottogenere cinematografico particolarmente prolifico in questi anni è sicuramente quello del biopic. E non si tratta solamente dei generici film biografici ma di quelli che raccontano personaggi legati al mondo della musica. L’adattamento cinematografico della vita di persone realmente esistite non è una novità per il cinema ma gli anni che hanno seguito il famigerato successo di Bohemian Rhapsody costruiscono un quadro senza precedenti.


Così, dopo Elton John, Billie Holiday, Aretha Franklin, Elvis, Whitney Houston, Bob Marley e così via… arriva anche la mai dimenticata Amy Winehouse. Un progetto in mano a StudioCanal e affidato alla regia di Sam Taylor-Johnson, la quale si era già approcciata al genere con Nowhere Boy.

Marisa Abela in una scena del film biografico – fonte: Universal Pictures


Back to Black, che deve il titolo all’omonimo album, nonché canzone, della cantante inglese, cerca di evitare, senza riuscirci totalmente, la trasposizione della pagina enciclopedica della sua protagonista soffermandosi sulla complessa e altalenante relazione tra Amy e Blake Fielder-Civil, la quale è stata un’enorme fonte d’ispirazione per il progetto musicale che le è valso cinque Grammy Awards.


L’approccio narrativo alla vera storia di Winehouse è però talmente cauto che il film finisce con il raccontare meno di quello che molte delle persone che hanno vissuto quegli anni, soprattutto come suoi fan, già sanno, restando in superficie soprattutto nel trattare la dipendenza da alcol e i problemi di bulimia, riducendo infine il tutto al suo avere “semplicemente” il cuore spezzato.

Back To Black
Marisa Abela è Amy Winehouse- fonte: Universal Pictueres


A rendere ancora meno interessante questo biopic è la presenza del pluripremiato documentario Amy, diretto da Asif Kapadia e uscito nel 2015: un esempio di ritratto completo seppur straziante di una delle artiste più interessanti del ventunesimo secolo che, nonostante la vicinanza alla scomparsa della cantautrice, non faceva sconti a nessuno tramite l’attenta selezione del repertorio, senza fronzoli e filtri dettati dalla necessità di romanzare.


La stessa messa in scena diretta da Taylor-Johnson non risulta particolarmente ricercata e incisiva, né nel ricostruire quel periodo e le popolari fotografie e video che hanno visto Amy Winehouse protagonista, né nel restituire allo spettatore il malessere provato dalla donna, la cui vita si è spenta troppo presto.


L’attrice protagonista Marisa Abela accetta la sfida con coraggio
e riesce in parte nell’impresa impossibile di restituirci Amy nel film ma quando il confronto si fa diretto (per esempio nella reinterpretazione delle canzoni più iconiche) l’illusione scompare e la vera Winehouse torna a prendere il sopravvento nelle nostre menti. E non tanto per demerito di Abela ma perché probabilmente la sfida era impossibile, soprattutto a causa di uno script e una direzione cosi piatte.

Una scena del film di Sam Taylor-Johnson – fonte: Universal Pictures


Back to Black in sintesi sembra quasi aver voluto prendere una strada diametralmente opposta a quella di biopic (o meglio una sorta di biopic) coraggiosi e con pretese autoriali come Blonde, cercando di non provocare o offendere nessuno, ottenendo però solamente il risultato di aver raccontato un po’ tutto senza aver davvero detto niente.

VOTO: 2/5


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