Di Simone Fabriziani
Re T’Challa, l’eroe noto come Black Panther, ritorna a casa nella tecnologicamente avanzata nazione africana di Wakanda per servire il suo Paese come nuovo leader. Tuttavia, scopre presto che, per proteggere il trono ed evitare una guerra civile, deve cercare il sostegno di Everett K. Ross, agente della Cia, e dei membri del Dora Milaje, le forze speciali wakanadesi. Al suo debutto nell’universo cinematografico Marvel, il regista Ryan Coogler si conferma voce originale e controcorrente nella trattazione della black question sul grande schermo americano contemporaneo. Con alcuni grandi difetti però.
Dopo gli ottimi successi pubblico e critica di Prossima fermata: Fruitvale Station e Creed – Nato per combattere, Coogler accetta la sfida del tentacolare universo condiviso targato Marvel e sforna un adattamento di Black Panther che fa centro sull’aspetto più elementare del racconto dell’eroe wakandiano creato da Stan Lee e Jack Kirby. Inusuale cinecomic scelto per fare da ideale barriera tra l’arrivo del fiume in piena di fine Aprile di Avengers: Infinity War, Black Panther risulta il film più politica della nuova fase di supereroi introdotti nel terzo blocco narrativo prodotto da Kevin Feige della prolifica Marvel Studios, ma anche il più retorico e forzato.
Se il punto di forza del film di Coogler è l’intelligente disamina e riflessione sul rapporto malsano tra civiltà occidentale e “terzo mondo”, tra nuovi e vecchi colonialismi e sull’importanza diplomatica della cooperazione internazionale tra i due continenti, dall’altra la retorica politically correct dei dilemmi etici e storici incarnati dalla pantera nera della Marvel affonda in più di un’occasione le potenzialità pur notevoli di elevare un mero prodotto di puro intrattenimento da blockbuster a velata allegoria sulle schiavitù culturali e mentali tra due civiltà in eterna opposizione. Un’opposizione tuttavia mirabilmente incarnata (nel bene e nel male) dal villain Kill Monger, tragica figura dalle tinte shakespeariane il cui volto è quello del tamarrissimo ma efficace Michael B. Jordan, sodale interprete dei precedenti film di Coogler; a prendere le ingombranti vesti regali ed eroiche di Black Panther è un non altrettanto carismatico Chadwick Boseman, volto sprecato ed opaco in relazione ad un cast di comprimari variegato e divertito su cui vogliamo citare Forest Whitaker, Lupita N’yongo, Letitia Wright, Angela Bassett, Andy Serkis e il fresco candidato all’Oscar Daniel Kaluuya.
Incursione politica di passaggio per la Marvel in attesa del gran finale all together.
VOTO: 6/10