Blue Beetle è un cinecomic derivativo che vorrebbe volare ma alla fina arranca [Recensione]

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Di Massimo Vozza

Il fandom dell’universo cinematografico DC è in trepida attesa per quello che sarà l’ufficiale inizio dell’era di James Gunn, nuovo direttore creativo e co-presidente dei DC Studios, senza sapere bene quale destino verrà riservato al lavoro svolto finora (eccetto il Superman di Cavill e il Batman di Affleck).

Il regista della trilogia dei Guardiani della Galassia, che per Warner Bros. aveva già realizzato The Suicide Squad, dovrà ripartire quindi da una situazione particolarmente caotica, fatta di titoli raffazzonati (come il precedente The Flash) e altri stand alone che a fatica hanno cercato di trovare una strada che non fosse già stata calcata svariate volte. Blue Beetle è l’esempio lampante di questa seconda casistica: al di là dell’excursus etnico e culturale del protagonista e della sua famiglia (il quale aveva perfino più peso in un film altrettanto imperfetto come Black Adam), il supereroe latinoamericano diretto da Ángel Manuel Soto si presenta come un’accozzaglia tra gli Spider-Man con Tom Holland, la serie Ms. Marvel e il primo Ant-Man. Tra i punti focali che fanno eco ai primi due dei tre titoli citati c’è sicuramente la scrittura di scene comiche più orientate alla generazione z, un racconto di stampo (post) adolescenziale, nonché il legame con la famiglia: se da una parte, come Peter Parker, Jaime Reyes arriverà a un similare punto di non ritorno, con tanto di discorsi che si rifanno sin troppo al famoso “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, dall’altra i caotici parenti fanno da supporto e allo stesso tempo muro al giovane come già accaduto a Kamala Khan (anche se stavolta con un ruolo più attivo). Con il supereroe interpretato da Paul Rudd invece c’è molto in comune per quel che riguarda il rapporto con l’interesse amoroso del protagonista e la caratterizzazione della backstory di lei e del padre.

Inoltre fa abbastanza sorridere che due dei tre super della Marvel ai quali hanno guardato siano anch’essi ispirati al mondo degli “insetti” (sì, i ragni sono aracnidi ma il richiamo resta comunque evidente) e che la tuta di Blue Beetle appaia davvero troppo come i costumi hi-tech di Spider-Man, quello con “zampe” meccaniche e quello con l’intelligenza artificiale (ma nel film DC invece è un’intelligenza aliena per quel che vale).

È vero che le storie su personaggi con poteri tendono spesso a somigliarsi tra loro e che DC e Marvel hanno passato la vita a ispirarsi l’un l’altro (se non a copiarsi idee), ma data la grande quantità di produzioni di questo genere negli ultimi anni risulta di volta in volta più difficile accontentarsi della stessa minestra riscaldata, in particolare se non presenta nessun vezzo neanche nella messa in scena, e la mancanza di coesione e rilevanza narrativa con altri titoli del medesimo universo cinematografico rende il tutto ancora meno appetibile.

A questo punto viene da chiedersi se valga davvero la pena una nuova partenza di questo franchise con una strategia che, guardando alla Casa delle idee alla riuscita dei singoli cinecomic ultimamente, indipendentemente dalla produzione, sembra diventata già obsoleta e che solo quando è accompagnata da una forte valenza autoriale riesce a camminare con le sue gambe. Blue Beetle però non cammina ma arranca nonostante il personaggio riesca a volare, potendo arrivare perfino nello spazio.

Blue Beetle è nelle nostre sale da giovedì 17 agosto con Warner Bros. Pictures Italia

VOTO: ★★½


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