Di Gabriele La Spina
Il riuscitissimo teaser trailer rilasciato diversi mesi fa da Netflix, enunciava l’arrivo di Disincanto, nuova creatura del papà dei Simpson, dicendo che dopo averci portato nel futuro con la serie cult Futurama, la scelta più logica era raccontare il passato, è così è stato. La nuova serie animata appena approdata su Netflix, che si aggiunge alla schiera di ottime produzioni del genere per la piattaforma, come Bojack Horseman e Big Mouth, ci porta indietro nel medioevo battendo un terreno finora saltuariamente esplorato da Matt Groening.
Poiché non sono mancati gli episodi dedicati al filone fantasy, dal fenomeno dei GDR alle parodie di saghe come Il signore degli anelli, ne I Simpson e Futurama; adesso però Groening si dedica unicamente a quell’universo, affiancato da Josh Weinstein, storico produttore de I Simpson, ma sceneggiatore di serie animante come Gravity Falls e Brickleberry. Al contrario però di un network come la Fox, dove le restrizioni sui linguaggi e le tematiche non sono poche, per far sì che un prodotto tanto celebre e seguito come la famiglia gialla sia fruibile a spettatori di tutte le età, Netflix risulta al contrario lo spazio bianco per i creatori, di trattare ogni tematica, argomento e linguaggio senza alcun filtro. I protagonisti di Disincanto sono infatti caratterizzati da una sessualità promiscua, fanno uso smodato di droghe e sono dichiaratamente alcolisti; comportamenti del tutto contemporanei per una serie medioevale, che dell’epoca rielabora leggende e avvenimenti con chiave ovviamente ironica: si fanno battute sulla piaga della peste, le esecuzioni pubbliche e gli intrighi reali, degni del più visto degli episodi di Game of Thrones; con una logica ben coerente.
Nella serie seguiamo così le disavventure della più anticonformista delle principesse, Bean, che nonostante i suoi atti di ribellione poco ha in comune Merida del film Pixar; il cui incontro fortuito con un elfo, e un demonietto di nome Luci, che le viene affiancato attraverso una maledizione di una coppia misteriosa che complotta contro la corona; porta alla sua crescita personale e alla scoperta di ogni segreto della sua famiglia e su sé stessa. Gli autori di Disincanto puntano così su una trama continuativa, piuttosto che gli episodi autoconclusivi a cui ci hanno spesso abitato le altre serie di Groening (a eccezion fatta per alcune stagioni di Futurama), rendendo il prodotto maggiormente affine alle produzioni di Netflix accumulate nel corso degli anni.
Lo stile animato di Disincanto è ben diverso da quello ormai fin troppo perfetto de I Simpson, più grezzo e molto più simile ai primi lavori di Groening, ma caratterizzato da fondali curatissimi tanto da sembrare presi in prestito da libri illustrati di favole dei fratelli Grimm. Potrà sembrare che manchi di mordente nei suoi primi episodi, la serie si prende però i suoi tempi per l’introduzione dei suoi personaggi, nella metà di questa prima parte di 10 episodi rilasciata per ora da Netflix, ingrana la marcia. Disincanto ha il pregio di creare possedere uno humor tutto suo, che gli spettatori imparano a conoscere poco a poco nel corso della serie; non possiede né il sarcasmo di serie come South Park, né la sagacia degli sketch de I Griffin, eppure nella sua semplicità strappa una risata in modo molto più sottile. Uno dei punti di forza della serie resta il filone avventuroso, che dopotutto era stato adottato da Groening in Futurama, muovendosi in territori sci-fi e citando quindi pezzi storici della TV americana da Star Trek a Battlestar Galactica; il fantasy televisivo è ben più recente, e forse trattato maggiormente in produzioni per i più piccolini, basti pensare ad Adventure Time; questo dona maggior freschezza alla narrazione di Disincanto.
Se la principale produzione di Groening, quale è I Simpson, e le ultime stagioni di Futurama, hanno dimostrato qualcosa, è che per l’autore risulta difficile muoversi nello stesso terreno per tempi tanto lunghi, la prima risulta infatti stantia a molti spettatori, con situazioni trita e ritrita e una scrittura ormai stanca. Disincanto è la prova di quanto l’autore sia ancora capace di creare spunti interessanti, con un restart in piena regola e uno canale di fruizione tanto permissivo come Netflix. Non solo Disincanto si candida per il trono della miglior serie della piattaforma di streaming, ma anche come una delle produzioni animante più interessanti ad oggi del piccolo schermo; ma lo sviluppo della seconda parte, che si spera venga presto rilasciata, riuscirà a darci l’appropriata conferma.
VOTO: 8.5/10