Dopo il matrimonio – La recensione in anteprima del remake con Michelle Williams e Julianne Moore

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di Giuseppe Fadda

La tendenza tipicamente americana di realizzare remake di film cosiddetti “stranieri” di un certo successo è già di per sé curiosa e meritevole di discussione. Probabilmente, alla sua origine si trova quello stesso problema di cui Bong Joon-ho parlava quando, nel ritirare il Golden Globe, ha detto “Una volta superata la barriera di pochi centimetri dei sottotitoli, verrete introdotti a molti altri film incredibili“. Semplicemente, il pubblico americano (e non solo, ma forse specialmente quello americano) non ha voglia di leggere i sottotitoli quando guarda un film: e non essendo il doppiaggio una tendenza diffusa nei paesi anglosassoni, la soluzione più ovvia pare essere quella di riproporre la storia in un’altra lingua. Certo questo discorso non può essere applicato a tutti i remake: The Departed di Scorsese, tanto per citarne uno, sono il perfetto esempio di come un regista americano possa omaggiare il film a cui si ispira e al tempo stesso creare un’opera personale e autonoma. Ma forse non sarebbe sbagliato dire che, con le dovute eccezioni, una buona parte dei remake (specie americani) sia inferiore ai corrispettivi originali. Dopo il matrimonio, purtroppo, rientra tra questi.
La trama è pressoché invariata rispetto a quella dell’originale danese diretto da Susanne Bier, se non per il fatto che i tre protagonisti sono di genere opposto. Infatti, al posto di Mads Mikkelsen, al centro della storia abbiamo qui Michelle Williams, che interpreta Isabel, fondatrice (americana) di un orfanotrofio in India. Da quando ha lasciato gli Stati Uniti, ha dedicato anima e corpo al suo lavoro e ai bambini, specialmente il piccolo Jai; ma l’interesse di Theresa (Julianne Moore), una potenziale benefattrice, considerando anche la scarsità di fondi dell’orfanotrofio, costringe Isabel ad andare a New York per incontrarla. Isabel vorrebbe rimanere il meno possibile, ma Theresa, che sta vendendo la sua compagnia, è molto impegnata e la convince a fermarsi qualche giorno in più: inoltre, la invita al matrimonio di sua figlia Grace (Abby Quinn), come occasione per conoscersi meglio. Proprio al matrimonio, Isabel apprende con orrore che Theresa è sposata con Oscar (Billy Crudup), un suo antico amore.

Chi ha già visto il film originale non potrà sorprendersi per i numerosi colpi di scena che si susseguono da questo momento in poi; uno spettatore “vergine”, probabilmente, potrà apprezzarne l’inventiva e l’intensità drammatica. Ma un’intero film non può basarsi sull’efficacia dei suoi colpi di scena, e Dopo il matrimonio offre poco altro. Il regista e sceneggiatore Bart Freundlich si limita semplicemente a ricostruire la storia del film della Bier, con giusto quel minimo di variazione che il cambio di genere dei protagonisti richiede. E la storia, effettivamente, scorre: ma nessuna delle idee che il film sembra voler sollevare diventa mai un vero spunto di riflessione, men che meno una provocazione. Il contrasto tra il mondo agiato di Oscar e Theresa e quello precario dell’orfanotrofio risulta fortemente schematizzato, quasi ovvio: in particolar modo, le scene ambientate in India risentono di una rappresentazione decisamente semplicista e quasi paternalistica. Il rapporto tra Isabel e Jai, che a livello strutturale dovrebbe essere uno dei fili conduttori del film, è scarsamente approfondito, fatto che rende la scena finale, così devastante nell’originale, emotivamente inerte nel rifacimento.  
L’interpretazione delle sempre brava Michelle Williams è la colonna portante dell’intero film: sottile, sfaccettata, dolorosa nella sua calma, riesce a suscitare la partecipazione dello spettatore anche nelle sequenze più stucchevoli o maldestre. Julianne Moore sconfina a tratti nella caricatura, ma nel complesso il suo ritratto dell’agiata eppure tormentata Theresa lascia il segno e non sfigura di fianco alla prova della Williams. Anche Billy Crudup e Abby Quinn adempiono perfettamente ai requisiti dei loro ruoli. La recitazione non è assolutamente il problema del film, anzi, è pressoché l’unico elemento davvero degno di nota. E’ proprio grazie al lavoro dei suoi attori che Dopo il matrimonio intrattiene per tutta la sua durata. Sono la sua convenzionalità e mancanza di idee, invece, che fanno sì che dopo la visione lasci ben poco allo spettatore. 
Voto: 5,5/10
Dopo il matrimonio sarà distribuito prossimamente da Lucky Red.