Di Edoardo Intonti
Con l’episodio di questa settimana, sembra che Feud abbia esaurito la narrazione riguardante le riprese della pellicola Che fine ha fatto Baby Jane? e i vari aneddoti riguardo ad essa. Niente di male, in fondo Murphy ci ha promesso la storia di una rivalità che andò ben oltre la realizzazione di questa pellicola, e che credibilmente riempirà abilmente i restanti 5 episodi di quello che ad oggi è un gioiellino di scrittura e recitazione.
Gwyneth Horder-Payton, regista di questo episodio, sceglie, di eliminare i segmenti finto-documentaristici interpretati fino ad oggi dalla Zeta-Jones e dalla Bates, che per quanto divertenti, rischiano di appesantire la narrazione, dicendoci anziché mostrandoci segmenti di storia o approfondimenti sui vari personaggi. Se il primo episodio aveva gettato le basi per il tema generale della serie e della rivalità tra le due dive, il secondo episodio aveva esplorato il rapporto tra casa produttrice, regista e media. In questa occasione, invece, vediamo approfondito il lato “umano” delle due protagoniste nella loro declinazione materna.
In entrambi i casi abbiamo due figure ben delineate e dai limiti ben visibili: Joan vuole a tutti i costi continuare a vivere una maternità idealizzatache le viene puntualmente negata, la quale non corrisponde automaticamente all’amore e al rispetto dei figli, sintomo di una palese carenza affettiva attribuibile alla sua infanzia, mentre Bette soffre enormemente della difficoltà ad entrare in relazione con le due figlie, una adolescente e senza talento recitativo, l’altra affetta da un ritardo mentale.
In entrambi i casi il quadro è di donne mature, sole e piene di rimpianti, che cercano in tutti i modi di sanare (Bette cercando di proteggere la figlia da una carriera non adatta, Joan recandosi in orfanotrofio per cercare di ottenere altro amore incondizionato). Fenomenale lo scambio nel locale “Alibi”, ennesimo avvicinamento morale davanti ad un drink tra le due nemiche, le quali iniziano a scambiarsi confidenze molto personali sulla loro infanzia e la loro idea di maternità.
L’unica pecca che si avverte, marginalmente, è appunto l’altalenante avvicinamento/allontanamento tra Jessica Lange e Susan Sarandon, che nonostante l’epilogo sia noto a tutti, continua a far sperare per un’alleanza duratura tra le due. La Sarandon, inoltre, si conferma interprete migliore della filmica Baby Jane (le cui scene reincarnate sono praticamente identiche a quelle reali) rispetto che alla reale Bette Davis, di cui comunque fornisce un’interpretazione meno teatrale di quella che ci si aspetterebbe, risultando dunque molto credibile. Nota di merito a Mamacita, interpretata da Jackie Hoffman, che in questo episodio regala molti momenti d’ilarità, fondamentali per alleggerire l’ombra patinata sempre in agguato che alleggia in quasi tutte le opere di Murphy.
VOTO: 8,5/10