Murphy continua a dimostrarsi una delle menti più geniali degli anni 2000, realizzando per il secondo anno di seguito (l’anno scorso con American Crime Story) un progetto nuovo e sbalorditivo, realizzando in circa otto ore una sintesi perfetta di quello che era il mercato mediatico e cinematografico, il divismo e il maschilismo, di un epoca cinematografica che molti di noi ignorano in parte o che conoscono solo tramite le pellicole visionate negli anni, all’oscuro dei retroscena più o meno significanti di un epoca nemmeno tanto lontana e che, come ci mostra Murphy, ha ancora tanto da raccontare.
Eccellente l’uso dei personaggi secondari, mostrati saltuariamente ma saggiamente nel corso della stagione per indagare ognuno un’aspetto diverso della Hollywood di quegli anni (in primis Alison Wright, Stanley Tucci e Judy Davis) alternando dunque una questione più “concettuale” ad una rappresentazione biografica delle due attrici e della loro privata. Il tema della rivalità non si è mai davvero esaurito come ci si poteva spettare inizialmente, senza fortunatamente risultare forzato o ripetitivo: ogni volta aggiungiamo un pezzetto del quadro complesso della vita di due dive dedite completamente alla settima arte, risultando, come questo season finale ha voluto riconfermare, più simili di quanto pensassero.