Final Portrait – L’arte di essere amici – La recensione del nuovo film di Stanley Tucci

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Di Anna Martignoni

Stanley Tucci ci porta nel mondo dell’arte. Nella Parigi del 1964, il pittore e scultore Alberto Giacometti (Geoffrey Rush) incontra un critico americano, nonché suo amico, James Lord (Armie Hammer); l’artista propone al giovane di dipingere un suo ritratto, ma un lavoro che dovrebbe inizialmente impiegare una sola giornata, bloccherà Lord nel Vecchio Continente per due settimane, in quella che diverrà -più che una faccenda artistica- una seduta molto personale tra Giacometti e Lord, i quali impareranno a conoscersi meglio. 

Arrivato al suo quinto film da regista, Stanley Tucci dimostra il suo talento anche dietro la macchina da presa: ad un primo sguardo, Final Portrait-L’arte di essere amici potrebbe sembrare una pellicola molto semplice e che non esce dagli schemi; dopo tutto, si tratta del pittore intento a creare il ritratto del suo amico. Ma dietro c’è molto, molto di più: il film raggiunge momenti di pura intensità portando sullo schermo temi piuttosto delicati, quali la prostituzione e il suicidio, ma in un modo – si potrebbe dire – poetico, senza che l’atmosfera di quel contesto parigino venga intaccata dalla malinconia.

A dir poco sorprendente si rivela l’interpretazione dell’intero cast: da Geoffrey Rush/Alberto Giacometti che, da esperto d’arte quale era in La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, si trasforma qui in artista: egli arriva a parlare ben tre lingue (inglese, francese, italiano) saltando dall’una all’altra con estrema facilità; Armie Hammer, vera rivelazione della pellicola, veste i panni del critico James Lord, costretto a posticipare continuamente la data del rientro negli Stati Uniti per assecondare i capricci dell’artista, incarnati dalla giovane ma fin troppo esaltata Caroline, ritratta perfettamente dall’attrice francese Clémence Poésy. Così come Penelope tesseva e disfaceva la sua tela, così Giacometti inizia il ritratto del suo amico per poi cancellarlo e ricominciarlo per molte volte, portando quasi allo sfinimento il povero Lord; diventa così molto facile immedesimarsi col giovane, il quale non può far altro che osservare dalla sua -scomoda- posizione e tentare di decifrare l’enigmatico artista, che dietro a tanti successi si rivela molto indeciso e talvolta nevrotico. La musica gioca un ruolo fondamentale dall’inizio alla fine del film, diventando predominante nei momenti più leggeri ed enfatizzando quelli di crisi. Stanley Tucci riesce a regalarci, in soli 90 minuti, momenti davvero profondi, senza mai dimenticarsi di raccontare la storia, a tratti travagliata, con un sorriso sui volti dei protagonisti. 
Final Portrait – L’arte di essere amici uscirà nelle nostre sale il prossimo 8 febbraio. Non perdetelo!
VOTO: 8/10