Frozen II – Il segreto di Arendelle – La recensione del sequel del fenomeno targato Disney

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Di Massimo Vozza

L’attesa è finalmente finita: dopo sei anni dalla clamorosa riuscita di Frozen – Il regno di ghiaccio, ecco approdare in sala il secondo capitolo dal titolo Frozen II – Il segreto di Arendelle. Negli ultimi anni abbiamo visto come la Walt Disney Company non si sia fatta problemi a sfruttare i successi del passato, tra sequel non necessari e live action, e prevedibilmente, seguendo quest’onda, non ha voluto (o per forse potuto) lasciarsi alle spalle la storia di Elsa e Anna. Questo perché, al di là della necessità di sfruttare il prodotto primario, le due sorelle avevano ancora tanto altro da comunicarci e farci vivere insieme a loro.
A tre anni di distanza dai fatti del precedente film, la città di Arendelle vive serena e tranquilla la quotidianità. Una voce però, una voce che soltanto Elsa può sentire, chiama la regina giorno e notte con un canto soave e la spinge a risvegliare i poteri legati ai quattro elementi, i quali poi si abbattono su Arendelle obbligando i cittadini a lasciarla. Così, per salvare ancora una volta il loro regno e scoprire la verità, le due protagoniste, in compagnia di Kristoff, Olaf e Sven, si avventureranno in una terra lontana e dimenticata che le porterà a cercare l’origine di tali poteri e a perdere coscienza di un torto che andrà riparato.
Tralasciando un avvio non totalmente fuoco e scorrevole, Frozen II è come il secondo atto di un musical di Broadway: al finire del primo il sipario cala e la linea narrativa è chiusa ma tanti interrogativi cercano ancora risposta e tanti temi meritano di essere approfonditi ulteriormente. Ed ecco allora che il sipario si rialza riproponendo la stessa magia ma prendendo pieghe a volte perfino maggiormente mature e cupe, seppur non manchino siparietti comici riusciti se non riuscitissimi soprattutto con Olaf protagonista. Il messaggio di sorellanza resta ovviamente centrale però la maniera nel quale viene a noi indirizzato assomiglia più a un racconto supereroistico che a una favola (quasi a voler ribadire l’eroicità di queste due giovani donne), procedendo alla scoperta delle origini non solo della magia di Elsa ma della propria famiglia, della storia del luogo che abitino, della natura, del passato. Ed è proprio il rapporto con il passato, con la memoria, uno degli aspetti più interessanti di questo capitolo, che pone le nuove generazioni nella difficile posizione di dover rimediare alle colpe delle precedenti, un insegnamento per sì responsabilizzare ma anche colmo di speranza sul futuro che verrà.
L’animazione inoltre dimostra di aver fatto passi enormi in questi anni: terribilmente affascinanti sono le texture dei bellissimi costumi indossati dai personaggi, il realismo dei capelli e di alcuni paesaggi naturalistici suggestivi, e vi è per di più un’attenzione data alla luce, anche quando irreale, non da poco per un lungometraggio animato. E non mancano inoltre riferimenti ad altre opere, non solo al precedente film e i cortometraggi che l’hanno seguito ma anche ad esempio ai video musicali anni ’80 e a cinecomics come Superman (1978) e Avengers: Infinity War.
Le canzoni, che occupano perfino maggiore spazio nel film ma sono calibrate meglio tra prima e seconda parte, non sono tutte ugualmente memorabili (“Into the Unknown” però è già potenzialmente un altro grande successo musicale della Disney) ma probabilmente soltanto il tempo ci dirà quanto sia effettivamente così. Quel che è certo è che, ancora una volta, l’adattamento italiano non riesce appieno a regalare il medesimo risultato della versione originale, non tanto per i doppiatori (eccetto la anche precedente problematica Autieri, con una voce eccessivamente adulta per il personaggio soprattutto nel recitato) quanto per un labiale estremamente fluido conquistato dall’animazione che rende più complicato il nostro lavoro di traduzione.
Frozen II non avrà il pregio del precedente di precorrere i tempi ma si immerge nel contemporaneo fino in fondo, dimostrando minuto dopo minuto non solo l’attualità ma anche l’universalità: dopotutto ognuno di noi, a qualsiasi età, è in qualche modo Elsa e Anna alla costante ricerca del proprio posto nel mondo.
VOTO: 8/10




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