Godzilla II: King of the Monsters – La recensione del blockbuster con Millie Bobby Brown e Vera Farmiga

Seguici anche su:
Pin Share

Di Massimo Vozza

Dopo cinque anni, arriva in sala il
sequel di Godzilla, film che diede inizio al reboot americano della saga
cinematografica con protagonista l’conico kaijū. Godzilla II – King of the
Monsters
è però un proseguimento atipico, dove vediamo l’abbandono della
maggioranza del cast precedente e dei relativi personaggi.
La nuova famiglia al centro della
storia, i Russell, ci viene presentata nel pieno dei fatti di San Francisco,
centrali nel primo film, durante i quali perse la vita il figlio maggiore della
coppia. Subito catapultati nel presente ritroviamo la coppia separata con la
figlia minore Madison che vive con la madre, Emma, una dottoressa della
M.O.N.A.R.C.H., agenzia concentrata sul ritrovamento degli altri Titani
addormentati in varie zone della Terra e sul monitoraggio del già risvegliato
Godzilla, mentre il padre Mark si trova in giro per il mondo a studiare
animali; solo in seguito al rapimento delle due, a opera del colonnello Alan
Jonah, l’uomo si unisce al resto dell’agenzia con lo scopo di riunire la
propria famiglia. Nel frattempo i vari mostri si risvegliano e iniziano a
lottare per la supremazia sul mondo.
In momenti così bui a causa del
cambiamento climatico, l’inquinamento, lo sfruttamento del nostro pianeta, non
stupisce che il tema centrale sia il rapporto tra uomo e Terra, che vede il
primo irrispettoso nei confronti della seconda, e la necessità di una
devastazione perché solo attraverso di essa può esserci una rinascita. Peccato
che il film perda di vista quella che sarebbe dovuta essere la sua essenza,
trattandola in maniera superficiale e scontata e usandola solo come pretesto
per poter costruire sequenze d’azione zeppe di effetti speciali. Sequenze nelle
quali l’essere umano è sì coinvolto in prima persona ma non crea mai un vera e
propria simbiosi con noi spettatori in sala, eccessivamente rilassati davanti
alla catastrofe. Il problema sta non solo in una regia (di Michael Dougherty)
standardizzata per un film del genere ma anche nella poca attenzione dedicata
ai troppi personaggi. Si alternano (per oltre due ore) alcuni dialoghi
didascalici e delle battute che invece di risultare epiche cadono nel ridicolo
in più occasioni a delle sequenze spettacolari ma fredde. La maestosità delle
creature ritenute leggendarie che si combattono nel terzo atto, inoltre, viene
a volte affievolita dalla camera ad altezza mostro.
Il cast è per lo più sprecato (Kyle
Chandler, Vera Farmiga, Ken Watanabe, Charles Dance e soprattutto Sally
Hawkins
), perfino nelle scene dove viene richiesto un sacrificio (tutte uguali)
che dovrebbero commuovere, e Millie Bobby Brown non riesce a uscire dal
personaggio che l’ha resa famosa (Eleven di Stranger Things). Insomma, va bene
la grandezza e centralità delle creature ma questo non può bastare: serve una
storia forte che ci coinvolga, altrimenti tutto è spacciato: forse davvero
servirebbe distruggere ogni cosa e ricominciare da capo. Peccato che lo scontro
con Kong sia dietro l’angolo.
VOTO: 4/10