Di Daniele Ambrosini
Purtroppo questo episodio annulla quanto fatto di buono negli episodi precedenti, iniziano a vedersi le prime evidenti crepe di una stagione che potenzialmente poteva essere molto di più ma che in molti frangenti si è accontentata di mantenere un livello minimo senza mai superarsi. La qualità media resta sempre piuttosto buona però risulta evidente che non sia abbastanza per permettere a Homeland di continuare a brillare come ha fatto in passato, ed è un gran peccato.
Carrie e Saul si ritrovano ad essere nuovamente complici, in quanto si trovano in due situazioni piuttosto difficili in cui possono solo contare sull’appoggio reciproco, così Carrie aiuta Saul ad organizzare un incontro con la Presidente Keane per farle incontrare Javadi che le racconterà la verità sull’accordo nucleare con la Corea del Nord. Proprio il presidente eletto degli Stati Uniti è al centro di questo episodio che vede Dar Adal remare sempre più contro di lei per assicurarsi il suo appoggio una volta insediata alla Casa Bianca. Contrapposti agli eventi di New York ci sono quelli della nuova “reclusione” di Quinn insieme ad Astrid che si conclude con un colpo di scena.
Il riavvicinamento di Carrie e Saul è forse uno degli aspetti più interessanti dell’episodio perché infondo lo si attendeva da tanto, ma non è ancora chiaro se i due collaboreranno realmente nei prossimi episodi e se questo possa segnare un futuro allontanamento di Saul dalla CIA o un riavvicinamento di Carrie alla stessa agenzia. Mentre a funzionare meno sono le due storyline privilegiate in questo episodio, ossia quelle dedicate al presidente Keane e a Peter Quinn: la futura presidente inizia ad essere al centro di strategie polictiche e diffamatorie di basso livello mentre Quinn è convinto di essere seguito dall’uomo che ritiene implicato nell’attentato di New York ed ha dei forti contrasti con Astrid.
Il difetto principale di questo episodio è di essere molto più lento dei precedenti e di essere in una qualche misura noioso, perché non ci sono novità sostanziali, si erano già visti anche i principali colpi di scena in passato e se non si erano già visti, la loro scarsa originalità ha fatto si che fossero completamente prevedibili. Anche la durata estesa dell’episodio non aiuta particolarmente. Si salva in una qualche misura l’ultima scena dell’episodio, ad alto tasso adrenalinico e tutto sommato interessante, che riesce a tradirsi con un finale poco plausibile che grida a gran voce che ormai Quinn ha fatto il suo corso all’interno della serie e che la sua presenza è sempre meno credibile e la sua linea narrativa sempre più esasperata; peccato, considerato che nei primi episodi si era riusciti a restituire al personaggio una certa dignità psicologica, che con il tempo è andata man mano annullandosi.
VOTO: 7/10