Il Grinch – La recensione del cartoon Universal con la voce di Benedict Cumberbatch

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Di Massimo Vozza

Niente fa sentire il Natale come il Grinch e quest’anno, a meno di un mese dalla fatidica festività, esce un nuovo lungometraggio (animato) basato sul racconto del Dr. Seuss, esplicitamente orientato verso i più piccoli ai quali bastano vivacità e colori.
Il solitario protagonista verde che vive in una grotta sul Monte Briciolaio con il suo fedele e unico amico cane Max, è costretto a scontrarsi, come ogni anno, con lo spirito natalizio dei Nonsochi; quando viene a sapere che i festeggiamenti saranno tre volte più grandi del solito, il Grinch si rende conto che stavolta ha solo un modo per proteggere le sue tranquillità e pace: rubare loro il Natale.
Ottavo progetto interamente animato della Illumination e la Universal Pictures, il film ricalca la comicità di titoli come Cattivissimo me e punta su un’animazione dinamica finalizzata all’intrattenimento ma dalla resa posticcia rispetto ad altri capolavori del genere. Per chi è cresciuto con il live action interpretato da Jim Carrey la delusione è alle porte: Il Grinch del 2018 non esplora minimamente il tema della diversità che rendeva non solo interessante ma soprattutto educativo il contrasto tra il personaggio verde e la solo apparentemente buonista Chinonso; anche il rapporto con la sempre dolcissima Cindy Chi Lou è messo da parte poiché inserto oltre a metà della storia, con l’intento forse di concedere maggiore spazio a quello importante ma solo alla fine forzatamente evoluto con Max.

Con la sua voce, Benedict Cumberbatch dona al protagonista un’immagine da cattivo non stereotipata, successo che invece non riesce a ottenere Alessandro Gassmann nella versione italiana, la quale però non riesce a mettere in secondo piano la piattezza dello sviluppo del personaggio, la cui solitudine e rabbia dipendono esclusivamente da se stesso. Inoltre la colonna sonora di un decisamente sottotono Danny Elfman mal si accosta con alcune scelte musicali forzatamente contemporanee.

L’inserimento di una simpatica renna obesa, qualche risata e la decisione di parlare del rapporto tra madre e figlia non bastano a salvare il progetto. Le nostra generazione ha adorato quello del 2000 e lo riguarda con piacere proprio in virtù della sua storia di fondo, semplice ma efficace, mentre qui a restare è solo la prima e l’atmosfera, che è indubbiamente ancora una volta centrata. Chi scrive è pronto a scommettere che, quest’anno, grandi e piccini dimenticheranno questa versione e torneranno a guardare verso il passato, aspettando la sempre certa replica stagionale in televisione, con entusiasmo e voglia di celebrare.
VOTO: 5/10