Jackie – La recensione

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Di Simone Fabriziani

Gravemente snobbato nelle candidature più prestigiose e alle cerimonie di premiazione appena passate, il 23 Febbraio sbarcherà finalmente nelle sale italiane il primo film in lingua inglese del talento cileno Pablo Larraìn; dopo il trionfo di critica alla Mostra del Cinema di Venezia, l’atipico biopic Jackie è pronto a stregare ed ipnotizzare il pubblico italiano.

Perché il racconto della settimana successiva al brutale assassinio a Dallas del Presidente John Fitzgerald Kennedy nell’infausta data del 22 Novembre 1963 qui è soltanto l’accessorio che fa da ideale cornice narrativa all’altro lato della Storia con la S maiuscola: la morte di JFK è qui raccontata dalla nervosa e frammentaria regia di Larraìn attraverso la voce e lo sguardo ipnotico della enigmatica figura della First Lady Jacqueline Kennedy, riportata in vita da una Natalie Portman in stato di grazia.
Attraverso l’espediente dell’intervista rilasciata al magazine Life nei mesi successivi alla tragedia, Jackie spia ed indulge nella mente psicologicamente provata della first lady più amata d’America addentrandosi nei meandri più nascosti e sopiti dei ricordi (solo apparentemente?) frammentati di Jackie Kennedy.


Sempre in bilico tra sfera pubblica e privata, il racconto per immagini scritto da Noah Oppenheim (vincitore proprio a Venezia 73 del prestigioso premio alla Sceneggiatura) ben si districa e familiarizza con le irregolarità narrative tipiche del cinema di Pablo Larraìn, che qui fornisce ulteriormente prova magistrale di saper e voler raccontare momenti, stralci di vite celebri sempre in equilibrio precario tra realtà e finzione, tra figura pubblica emblematica e sempre sfuggevole e fragilità private (e non si può non pensare al biopic anticonvenzionale Neruda, dello scorso anno anch’esso).
Puntellata da uno straniante ed ipnotico commento musicale scritto e composto da Mica Levi e contornato da un cast di supporto alla monumentale performance della Portman di tutto rispetto (va almeno ricordato il cammeo dell’indimenticato John Hurt nei panni di un compassionevole sacerdote), la tragedia privata di Jackie Kennedy è nelle mani sapienti di Larraìn un ritratto a tratti orrorifico di una mente straziata dal dolore e alle prese con la elaborazione di un lutto il cui risultato potrà avere conseguenze sull’eredità umana e politica di un presidente assassinato e di una donna, sua moglie, figura enigmatica e solenne di una America altrettanto straziata che negli anni successivi raffigurerà Jacqueline Kennedy come immortale emblema di dignità, compassione e di eleganza (anche) morale.

VOTO: 8/10