Di Simone Fabriziani
Justice League è un film sofferente. Dalla prima all’ultima inquadratura l’ultima fatica di Zack Snyder urla di dolore, sin contorce, si accartoccia su sé stessa per quello che non è e poteva essere, per l’ennesima volta nell’universo cinematografico condiviso della DC. Ma non è tutta colpa del pur volenteroso ed appassionato regista statunitense.
Blockbuster dal percorso produttivo travagliato, Justice League ha principalmente sofferto del passaggio tardivo dietro la macchina da presa da Snyder a Joss Whedon, autore nerd dietro i successi planetari degli Avengers di casa Marvel. E il rimaneggiamento in chiave ironica stampinata sui prodotti cartacei e per il piccolo/grande schermo della Marvel Studios si sente, anche troppo.
Mosso dalla ritrovata fede nel genere umano e ispirato dalle gesta altruistiche di Superman, Bruce Wayne chiede l’aiuto dell’alleata Diana Prince per affrontare un acerrimo nemico da poco risvegliato. Insieme, Batman e Wonder Woman lavorano alacremente per trovare e reclutare i componenti di una squadra di metaumani. Nonostante la formazione di un team senza precedenti di eroi, potrebbe essere tardi per salvare il pianeta Terra da un attacco di catastrofiche proporzioni.
Mettendo momentaneamente da parte le polemiche legate al’implausibilità e al semplicismo de tessuto narrativo di Justice League, ciò che rende il film di Snyder/Whedon (qui anche in veste di co-sceneggiatore) una bestia sofferente è il minutaggio di soli 121 minuti, imposto dalla Warner Bros. e francamente riduttivo per una storia di redenzione e giustizia di squadra che meritava maggiore consapevolezza in fasi di pre-produzione e maggior cura dei propri personaggi. Se Batman (Ben Affleck), Wonder Woman (Gal Gadot) e Superman (Henry Cavill) erano già stati adeguatamente introdotti al pubblico meno avvezzo all’universo cartaceo della DC, a fare le spese della durata ridotta sono le new entry Flash (Ezra Miller, comic relief della squadra in più di un’occasione), Cyborg (Ray Fisher) e il sexy e “coatto” Aquaman (Jason Momoa, di cui è atteso il prossimo anno il film standalone); il tempo a disposizione per giustificare un corretto lavoro di squadra tra i vari supereroi è veramente troppo poco, e la chimica tra i protagonisti ne risente, tagliata con l’accetta a scapito di pur visivamente intense sequenze d’azione.
Non peggiore di titoli del DCEU come il fallimentare Suicide Squad ma lontano dal tematicamente potente Batman V Superman, Justice League si attesta come una scommessa vinta a metà, in equilibrio precario tra ironia passata sottobanco dagli influssi Marvel imposti dall’entrata di Whedon, il desiderio di compattezza narrativa e il fallimento di un progetto cinematografico di universo condiviso che, ad oggi, non ha ne beccata neanche una giusta.
Compromissorio.
VOTO: 5,5/10