La zona d’interesse, la recensione del film di Jonathan Glazer premiato a Cannes

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Di Simone Fabriziani

Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la moglie Hedwig si impegnano per costruire la vita che sognavano per la loro famiglia, nel piccolo idillio di una casa con giardino costruita appena accanto al campo. Un ufficiale sotto il comando di Höss, però, si innamora di Hedwig. Dopo il percorso trionfale al 76° Festival di Cannes con il Grand Prix assegnatogli dalla Giuria, sbarca alla 18° Festa del Cinema di Roma La zona d’interesse, nuovo film scritto e diretto dall’elusivo regista britannico Jonathan Glazer, che non tornava dietro la macchina da presa per un lungometraggio dal 2013, con il cult Under The Skin.

Soli quattro film realizzati per il grande schermo (prima di questo, il sopracitato sci-fi esistenziale con Scarlett Johansson, Sexy Beast -L’ultimo colpo della bestia e Birth – Io sono Sean, angosciante dramma con Nicole Kidman) e una carriera dietro la macchina da presa trascorsa a realizzare enigmatici videoclip musicali diventati cult assoluti (sue le regie dei video di “Karma Police” dei Radiohead o di “Virtual Insanity” di Jamiroquai, tra gli altri). Nei decenni, il cineasta britannico si è ricavato di tutto diritto un posto elusivo e privilegiato tra i maggiori autori viventi di settima arte, grazie al suo linguaggio a cavallo tra sperimentazione visivo-sonora e provocazioni contenutistiche. La zona d’interesse è forse la sintesi più mirabile di questi due slanci artistici che continuano a definire la maniera di fare cinema di Jonathan Glazer.

Che al 76° Festival di Cannes ha scosso le coscienze di pubblico e critica proprio con questo film, liberissimo adattamento del romanzo omonimo di Martin Amis, scomparso a pochissimi giorni proprio dalla presentazione ufficiale del film nella kermesse francese. Un lungometraggio che parte da un’ambizione narrativa non di poco conto: mettere in scena una vera e propria installazione per grande schermo sugli orrori dell’Olocausto e totalmente scevra di cardini e moventi d’azione per i suoi personaggi (gli interpreti tedeschi Christian Friedel e Sandra Huller, rispettivamente nei panni di Rudolf  Höss e sua moglie Hedwig). Un’apparente commedia di quotidianità famigliare che seppellisce oltre un muro di cinta ed un giardino le più sconvolgenti atrocità mai compiuta da essere umano nel corso del Novecento.

Per Glazer raccontare l’Olocausto diventa questione di assolutismo: in un panorama cinematografico internazionale che i crimini nazisti e lo sterminio della popolazione ebraica li hanno raccontati da molteplici (e validi) punti di vista narrativi, il cineasta britannico controcorrente sceglie la negazione visuale dell’orrore della Shoah a favore di un’angosciante quiete quotidiana, raggelante racconto di un quadretto famigliare alla prese con le mondanità giornaliere, mentre dall’altra parte del muri di contenimento la disumanizzazione si concretizza con un apparato sonoro di sconcertante efficacia.
La zona d’interesse è il viaggio ultimo della Settima Arte nel cuore nero e profondissimo della mondanità del Male, della banalità con la quale mette radici e cresce rigoglioso oltre i confini (labilissimi) della morale così concepita dalla storia della società occidentale. Un terrificante buco nero che inghiotte letteralmente le vite e le coscienze dei protagonisti del film di Glazer, archetipi di un sempiterno dubbio morale che a fine visione attanaglia lo spettatore con forza angosciosa: come si arriva a rimanere indifferenti al dolore e alla sofferenza altrui? Anche noi siamo capaci di operare nel nome del Male? Esiste veramente il Bene come forza assoluta?
Con La zona d’interesse Jonathan Glazer ha firmato il suo capolavoro e l’esperienza cinematografia sull’Olocausto forse definitiva.

La zona d’interesse debutterà nelle sale italiane a partire da giovedì 18 gennaio 2024 con la distribuzione di I Wonder Pictures.

VOTO: ★★★★½


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