L’Amore Criminale segna il debutto alla regia della sessantunenne Denise Di Novi, produttrice di successo negli anni ’90 soprattutto grazie alla sua collaborazione con Tim Burton poi andata incontro a qualche insuccesso di troppo, come il deludente Catwoman. Questo tardivo esordio in veste di regista avviene con un film piuttosto particolare, partito evidentemente con delle intenzioni ben precise e terminato con l’essere tutt’altro rispetto al thriller di alto livello che sarebbe dovuto (o meglio, voluto) essere.
Julia ha avuto una relazione violenta dalla quale è riuscita ad uscire denunciando il suo ex Michael ed ottenendo un ordine restrittivo; è passato del tempo e la sua vita ha preso una piega migliore: è una giornalista di successo che lavora direttamente da casa e ha una nuova e solidissima relazione con David. Julia non ha mai voluto parlare a David del suo passato, per paura di essere giudicata e questo non aveva influito sulla loro relazione, ma con il passare del tempo l’ordine restrittivo è scaduto e non c’è possibilità di rinnovarlo perciò Julia inizia ad essere più insicura. Questo accade proprio mentre lei e David stanno per andare a vivere insieme, passo importante e reso più difficile dal fatto che David abbia una figlia piccola ed un’ex moglie, Tessa, incredibilmente possessiva, per usare un eufemismo. Tessa farà di tutto per rovinare i piani di David e Julia e riunire la sua famiglia.
Il titolo originale del film è “Unforgettable” ma la distribuzione italiana ha pensato bene di cambiarlo in “L’Amore Criminale” per accostarlo a quel Gone Girl da noi uscito come L’amore bugiardo del quale vorrebbe ricalcare lo stile. Che il film di David Fincher e il romanzo di Gillian Flynn siano in qualche modo un’ispirazione per la sceneggiatura firmata da Christina Hodson e David Leslie Johnson appare evidente, ma ovviamente siamo lontani anni luce da risultati simili.
I limiti del film sono evidentissimi: innanzitutto “L’Amore Criminale” imposta una storia poco credibile e
scritta in modo non soddisfacente, con battute telefonate e didascaliche
e con situazioni prevedibili; i personaggi non vanno incontro a nessuna caratterizzazione, sono macchiettstici e poco originali; e soprattutto si prende troppo sul serio.
Sembrerebbe perciò normale bocciare un film del genere a priori, se non fosse che il film finisca per diventare qualcosa di diverso rispetto alle sue premesse. Non si tratterà del thriller di classe à la Gone Girl, sebbene vorrebbe esserlo ed in una qualche misura ci provi anche, ma siamo davanti ad un piccolo gioiellino dal trash involontario che farà la gioia degli appassionati del genere. Non è un progetto nato per essere trash, lo si nota nell’eccessiva serietà con cui si dipana la vicenda ma finisce per diventarlo in corso d’opera, è uno scult istantaneo e come tale andrebbe valutato. La comicità involontaria, lo stile forzatamente elegante che cozza con la pellicola nel suo insieme e la catfight finale rendono il film un ottimo B-movie.
Anche Rosario Dawson e Katherine Heigl si prendono un po’ troppo sul serio, soprattutto la seconda nel ruolo della madre padrona possessiva e delirante, ma è tutto in linea con lo stile del film che manca dell’ironia tipica dei progetti nativi di serie B, ed invece diverte lo stesso, a suo modo. Bocciare del tutto un film del genere, tenendo conto di questi fattori, è complicato, non ci troviamo di fronte ad un bel film ma si tratta di uno scult pienamente godibile perciò è una bocciatura attenuata: “L’Amore Criminale” è assolutamente consigliato agli amanti del trash involontario e del cinema così brutto da essere bello, tutti gli altri farebbero bene a girare a largo.