Legion – La recensione della seconda stagione targata FX e Marvel Television

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Di Simone Fabriziani

“No one knows what is like to be the bad man, to be the sad man.” Cosi nell’episodio finale David Haller asserisce parafrasando la celebre canzone “Behind Blue Eyes” degli Who, a ideale conclusione della seconda, folle stagione di Legion, serie televisiva prodotta da Marvel Television e trasmessa sull’emittente statunitense FX.

Il mutante Marvel creato dalla mente di Chris Claremont e Bill Sienkiewicz è stato dunque adattato alla serialità del piccolo schermo grazie allo scrittore, sceneggiatore e showrunner americano Noah Hawley, già diavolo tentatore e mente creativa dietro la serialità vincente di Fargo. Al termine del secondo appuntamento con le avventure al confine tra realtà psicosi di David Haller/Legion possiamo confermare che Hawley si ripropone come miglior showrunner e scrittore creativo per la serialità americana degli ultimi anni.

Al di là dei dettagli e dei maggiori snodi narrativi della seconda stagione, Legion è stato l’esempio per ora più fulgido dell’anno televisivo di trionfo deliberato della forma sulla sostanza, della sperimentazione di linguaggi visivi e narrativi sulla tradizione del racconto supereroistico. Per raccontare una mente fragile e allo stesso tempo potentissima c’è dunque bisogno di approccio di triangolazione che immerga lo spettatore nelle contraddizione astrattiste di una legione di mondi e realtà possibili, di confini labili tra verità e finzione, tra sanità mentale e malattia, tra psicosi e lucidità di azione.

Anche e soprattutto in questa seconda stagione, Noah Hawley spinge l’attenzione dell’audience da casa a mettere in discussione le azioni di ogni singolo personaggio, ed in particolare nei confronti di David (uno straordinario Dan Stevens), personaggio grigio in un mondo di grigi: è lui l’eroe o il cattivo che porrà fine al mondo come lo immaginiamo?
Nessuno sa cosa significhi sentirsi cattivo e triste, così recitava la celebre canzone degli Who, perfetta cornice musicale di una seconda stagione che ha il sapore più di un’appassionata e schizofrenica ode alla malattia mentale che non machissimo racconto di forze sovrumane in lotta per salvare il mondo dalla minaccia (qui sempre più reale) del parassita Shadow King. Anzi qui il punto di vista è, infine, ribaltato, almeno per una volta. Se ne sentiva fortemente il bisogno del ribaltamento di una prospettiva narrativa nemica alla tradizionalità convenzionale. In attesa fremente per la già annunciata terza stagione.
VOTO: 8/10




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