Lightyear – La recensione del film d’animazione Disney/Pixar

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Di Massimo Vozza

Nel 1995 la Pixar rivoluzionò il cinema d’animazione con Toy Story, il primo lungometraggio completamente in CGI. Il successo di questo titolo, che suggellò anche la collaborazione con la Disney, non dipese soltanto dall’innovazione tecnica ma anche dall’idea originale di raccontare le avventure di un gruppo di giocattoli, personaggi in tutti i sensi tridimensionali che con il tempo divennero talmente memorabili da spingere la produzione a realizzare, nell’arco di più di 20 anni, ben tre sequel altrettanto acclamati, per poi infine arrivare all’oggi con il rilascio di un primo spin-off.

Lightyear riporta al centro della scena l’iconico astronauta Buzz (senza il compagno di avventure Woody), non nella versione giocattolo ma in una nuova dove il personaggio è fatto di carne e ossa (seppur si stia parlando ancora di animazione ovviamente). Il collegamento con la saga ambientata nel mondo dei giocattoli, posto in apertura al titolo, è talmente semplice ed efficace da farci passare sopra il fatto che si tratti di una forzatura… o quasi. Il problema è che il presentare questo lungometraggio come il film preferito di Andy all’epoca del primo Toy Story non tanto crea problemi con alcuni sviluppi narrativi interni al film del ‘95 e a quello del ‘99 (o comunque lo fa in modo trascurabile) ma contrasta con l’estetica e la costruzione narrativa di questo film stesso.

Dopo un primo atto in pieno stile Pixar, con tanto di richiami al Buzz giocattolo prima che prendesse coscienza della sua effettiva natura, il film procede portando avanti principalmente gli snodi affini a un qualunque prodotto ambientato nello spazio, i quali sono, in tutto e per tutto, tipici del cinema post 2010 e non anni ‘90, così da creare un prodotto che è di fatto anacronistico (più similare a The Martian e Interstellar che a Independence Day e Contact per capirci). Nel cercare quindi di essere il meno possibile un’operazione nostalgia, Lightyear con il procedere della narrazione accantona forse troppo della saga ed epoca che hanno reso celebre il suo protagonista.

Il film ha indubbiamente le caratteristiche per poter camminare da solo con le sue gambe, senza però restare memorabile (e forse anche senza averne la pretesa) e a guardare la resa delle sequenze d’azione ha anche la forma giusta per poter riportare i e le fan Pixar in sala dopo ben tre titoli distribuiti direttamente su Disney+. A livello di intrattenimento quindi fa decisamente il suo lavoro ma si perde con i personaggi che costellano il film: mentre Buzz risulta un protagonista ben costruito e sfaccettato lo stesso non si può dire di quelli che lo circondano, con l’eccezione del gatto robot Sox, vera e propria spalla comica (e non) dello space ranger e perfetta fonte di guadagno con il merchandising. La stessa storyline a tema LGBTQ+, che ha già scatenato le solite inutili polemiche, ha in realtà un’importanza pari alla medesima in Eternals: sotto questo punto di vista la casa di Topolino deve assolutamente fare di meglio e di più, sia per mantenere ciò che ha promesso sia per smentire alcune recenti chiacchiere non a suo favore.

Un altro punto di forza che ha caratterizzato le produzioni Disney/Pixar (o quantomeno la maggior parte) riguarda il loro rivolgersi a un target di spettatori maggiormente trasversale rispetto ai classici e in questo Lightyear riesce meglio degli ultimi lungometraggi rilasciati, in parte per merito proprio e in parte perché ha percorso quel ponte costruito dai film di Toy Story che hanno già unito davvero tante generazioni.

Non sappiamo se e quanto il nostro doppiaggio regga il confronto con l’originale ma nel valutarlo senza comparazione viene da dire che il lavoro risulta abbastanza mediocre e ha anche delle pecche qua e là che riguardano i personaggi minori: unico degno di nota è Ludovico Tersigni che dà voce a Sox ma siamo lontani dalla perfezione del lavoro degli artisti che diedero voce ai personaggi di Toy Story (l’alto livello degli adattamenti dei film Disney e Pixar degli anni ‘90 è purtroppo ormai un lontano ricordo). E lo stesso sottotitolo della nostra distribuzione, ossia “La vera storia di Buzz”, è di fatto un errore data l’esplicita dichiarazione in apertura che annuncia che questo film è di fatto un’opera di finzione interna a un’altra opera di finzione.

Lightyear insomma è un buon film di fantascienza per tutta la famiglia, intrattenimento decisamente di qualità che però, nonostante gli sforzi, non riesce a raggiungere l’obiettivo che si era prefissato, ossia quello di andare verso l’infinito e oltre.

VOTO: ★★★


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