Di Daniele Ambrosini
Maria, incoronata regina di Scozia quando aveva solo nove mesi, era cattolica, così come la regina d’Inghilterra Maria I d’Inghilterra, deceduta nel 1558 e succeduta da Elisabetta I, di fede protestante. Maria era la seconda in linea di successione al trono, ma Elisabetta, sua cugina, era considerata una regina illegittima, soprattutto dai cattolici europei, in quanto il padre Enrico VIII aveva rinnegato il matrimonio con la madre Anna Bolena. La rivendicazione al trono di Scozia di una regnante cattolica e le successive pretese anche sul trono d’Inghilterra mettono in crisi i delicati equilibri che si erano venuti a creare tra le forze appartenenti alle due fazioni religiose. Le due regine si osservano da lontano, ammirando l’operato l’una dell’altra e tentando di restare ancorate al potere in un mondo dominato da uomini desiderosi di portarlo loro via.
Al suo primo lavoro per il grande schermo la regista teatrale Josie Rourke realizza un film che di teatrale ha molto, sia in senso positivo che negativo. Infatti, il conflitto tra questioni private e politiche ed il conflitto interno tra regnanti, in lotta contro il proprio destino, di shakespeariana memoria dona alla figura della protagonista, così come quella dell’apparente antagonista, un senso di monolitica grandezza, ed un discreto pathos all’intera operazione. Da una differente tradizione teatrale e letteraria, quella greca, deriva invece la natura tragica di Maria ed Elisabetta, viste come eroine secondo i canoni epici, tanto da risultare eccessivamente idealizzate, alla luce di una mentalità chiaramente moderna, frutto di una rielaborazione che snatura completamente le due figure storiche, sottraendole al loro tempo. Colpevole, almeno in parte, di questo stravolgimento dei personaggi in chiave attualizzante è Beau Willimon che con la sua sceneggiatura porta la sua propensione machiavellistica agli intrighi del potere, già mostrata in House of Cards e Le Idi di Marzo, indietro nel tempo, senza riuscire però a creare un linguaggio abbastanza originale. Basandosi su modelli ormai ampiamente sfruttati senza una adeguata rielaborazione, più formale che contenutistica, Maria regina di Scozia finisce per risultare schiacciato dalle logiche imperanti derivate proprio dal sistema di rimandi alla base del film, che ne limita le potenzialità narrative.
Maria regina di Scozia è un biopic che ha il sapore di una trasposizione teatrale soprattutto per il modo in cui la veridicità storica è messa in secondo piano rispetto allo sviluppo di una narrazione finalizzata ad uno scopo preciso. La rielaborazione contenutistica di cui sopra è limitata ad una rilettura in chiave moderna delle due figure femminili alla base del film che ha come scopo quello di proporre Maria ed Elisabetta come delle eroine femministe ante litteram, in grado di sovrastare e/o combattere fino all’ultimo un mondo dominato da uomini. E questo è ciò che il film tenta di veicolare. Maria, in particolare, ha tutti i tratti di una vera e propria eroina: è costantemente al di sopra delle situazioni, è una regnante giusta e comprensiva, aperta alla libertà religiosa e persino all’omosessualità (battaglie del presente più che del passato), insomma, è sempre dalla parte del giusto, anche quando è svantaggioso. Questo ritratto di una donna tutta d’un pezzo, molto avanti rispetto al proprio tempo è, ovviamente, un ritratto idealizzato, quasi romantico, pieno di interpolazioni finalizzate a veicolare ideali moderni. Pur nel suo essere così moderno a livello ideologico, Maria regina di Scozia ha il sapore di un vecchio film, un po’ per i suoi evidenti riferimenti letterari, un po’ per l’impostazione visiva che ricorda i più classici drammi in costume. Una messa in scena leggermente datata, che l’intero genere fatica a scrollarsi di dosso.
A sorreggere Maria regina di Scozia c’è la sua assoluta protagonista, un’ottima Saoirse Ronan. È grazie a lei se in fin dei conti si riesce a passare oltre ai numerosi difetti e alle scelte discutibili che costellano il film. Poche, pochissime scene sono invece riservate all’Elisabetta di Margot Robbie, conservata gelosamente per quell’unica, potente scena condivisa sul finale del film che è un incontro/scontro di talenti appassionante, nel quale entrambe le interpreti danno il meglio di sé, arricchendo molto la caratterizzazione dei propri personaggi. Si può dire di tutto su come e con quali intenzioni i due personaggi siano stati costruiti sulla carta, ma è innegabile che siano tridimensionali, pieni di sfumature, che la Ronan e la Robbie riescono a restituire in maniera ottimale con le loro interpretazioni misurate, in grado di cogliere nel segno.
Nonostante numerose scelte discutibili, Maria regina di Scozia non è un brutto film. È semplicemente un film poco originale, che sa di già visto. Retto da una retorica epica ormai sovraesposta nei media, ma comunque in grado di rendere appassionante lo scontro tra le due regine. Un film in cui ogni elemento messo in gioco è sia un pregio che un difetto, in cui il rovescio della medaglia è sempre evidente, si prenda ad esempio la teatralità che dona uno stile sontuoso e reverenziale ma allo stesso tempo appiattisce e schematizza il tutto. Josie Rourke, dal canto suo, qualche guizzo interessante ce l’ha, e la curiosità di vederla all’opera con film che siano al di fuori della sua zona di confort c’è tutta. Staremo a vedere, ma, per ora, questo suo primo film, è un’opera senza infamia e senza lode, un film che sul momento si guarda anche volentieri, ma che, tutto sommato, è del tutto dimenticabile.