Matrix Resurrections – La recensione del quarto capitolo della saga con Keanu Reeves

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Di Dario Ghezzi

Pillola blu o pillola rossa? Dopo più di vent’anni dal primo capitolo, torna la scelta più difficile di tutte, il libero arbitrio, nel nuovo Matrix Resurrections, quarto film del franchising di Matrix, diretto da Lana Wachowski. 

La trama del film è presto detta. Thomas Anderson è un programmatore che ha dato vita alla saga di successo chiamata Matrix. Tuttavia, la vita dell’uomo è scossa da quelli che sembrano degli strani ricordi. Sulla sua strada, incontra Tiffany, una donna che sembra ricordargli qualcuno di importante del passato. La stessa Tiffany, inspiegabilmente, è convinta di essere la musa ispiratrice del videogioco di Anderson. Ad aiutare l’uomo a far i conti con la verità è un misterioso personaggio, Morpheus, che lo guiderà in una nuova avventura difficile e pericolosa.

Keanu Reeves torna a interpretare Thomas Anderson, alias l’eletto Neo, in Matrix Resurrections  mentre Carrie Anne Moss è, ancora una volta, Trinity. La coppia riprende quindi i panni dei personaggi che hanno fatto la storia della saga originale e lo fanno coadiuvati da un cast nuovissimo che comprende: Yahya Abdul-Mateen II, Jessica Henwick, Jonathan Groff, Neil Patrick Harris tra gli altri. Inutile dire che il personaggio di Neo è, ancora una volta, fulcro della narrazione che, in questo film, è nettamente divisa in due. La prima parte del film, infatti, abbonda di citazionismo e autoreferenzialità. Assistiamo, più volte, alla rottura della quarta parete, con dei rimandi al mondo reale (la Warner Brothers, nel film, è la casa produttrice del video gioco di Matrix, ad esempio). Una vera e propria operazione nostalgia ad opera sia dei dialoghi ma anche dalle stesse scene. La scena iniziale, ad esempio, in cui Bugs fugge dai sorveglianti è chiaramente una riproduzione della scena d’apertura di tutta la saga. E, non si fa nulla per nasconderlo. Anzi, lo stesso personaggio dirà come tutto sembra come deve essere, ma con delle varianti.

Sostanzialmente, fino a quando Neo non decide di assumere la pillola rossa, il film sembra qualcosa di diverso, anche registicamente mette in scena una serie di loop psichedelici interessanti ma quando Neo si riappropria della sua identità, il film si accartoccia su sé stesso. La storia mette tanta carne al fuoco ma risulta comunque debole e quello che colpisce è come sembra non aggiungere nulla di diverso ai capitoli precedenti. Insomma, se nel 1999 Matrix si è posto come punto di rottura con tutto quello che c’era prima, guadagnandosi un posto d’onore nella Storia del Cinema, Matrix Resurrections risulta anacronistico e il fan service da solo non può bastare

Apprezzabile, comunque, la performance degli attori. Ovviamente Reeves su tutti, Carrie-Anne Moss e la sua interpretazione tormentata e menzione speciale per Neil Patrick Harris che dà vita a un personaggio particolarmente originale che, a fronte di una sceneggiatura che non gli rende giustizia, lui riesce a definire con il suo stile. Le scene finali della pellicola, anch’esse ammiccanti verso i fan, sembrano voler porre le basi per una nuova trilogia. Quello che è certo è che, per i prossimi capitoli, si dovrebbe trovare quello spunto in più capace di poter unire il vecchio e nuovo più armonicamente e, se possibile, affrancarsi dal passato senza rinnegarlo. 

VOTO: ★★½


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