Di Massimo Vozza
“Non accetterò una vita che non merito”: è questa la frase che Maxine si ripete mentre comincia la sua scalata da attrice a Hollywood in seguito agli eventi di X, il primo film della saga diretta da Ti West.
La vicenda della final girl interpretata da Mia Goth, protagonista assoluta di questo terzo capitolo, si propone di percorrere parallelamente e specularmente la vicenda del personaggio di Pearl, l’altro personaggio della saga interpretato da Goth e protagonista del secondo film, mossa dal desiderio di popolarità e dall’uscire da una situazione di status quo che non rispecchia le sue aspettative. Il problema principale di Maxxxine salta all’occhio anche per l’impetuoso paragone con il titolo che lo precede: la scrittura e lo sviluppo della protagonista non sono altrettanto efficaci e il suo simil percorso di redenzione non ha per nulla la forza della discesa negli inferi della controparte Pearl. Tra l’altro la storia non mette mai l’ex performer di film a luci rosse davanti a un vero e proprio conflitto ma procede a piccoli movimenti che poco o nulla intaccano e/o si riflettono sulla psiche di Maxine, o quantomeno non lo fanno in modo particolarmente credibile e sensato.
E questo ahimè va anche a scapito dell’interpretazione di Mia Goth che, a differenza del suo personaggio, brilla decisamente meno che in passato quando avrebbe in realtà dovuto suggellare qui il suo indubbio talento e meritato successo.
Al di là del percorso interiore della protagonista, il film non si pone come dovrebbe anche nel presentare la narrazione generale e l’approccio al genere: mentre X aveva chiaramente un’impronta più da horror classico contemporaneo e Pearl presentata elementi da dramma psicologico, Maxxxine propone una sorta di noir mantenendo gli elementi slasher che fanno da filo conduttore a tutta la saga. Il problema è che il noir fa acqua da tutte le parti, rendendo troppo palesi i suoi movimenti prima che accadano e dichiarando involontariamente l’identità del serial killer che perseguita la protagonista già dalle prime scene.
Quel che resta invariato è un gusto nella messa in scena e nella direzione che Ti West aveva mostrato anche con budget ridotto. La ricostruzione della Hollywood anni ‘80 e del contesto produttivo del cinema horror è degno di un regista con indubbie capacità tanto da ricordare grandi film autoriali come Boogie Nights di Paul Thomas Anderson, e il gioco di citazioni esplicite e reinterpretazioni di titoli cardini del genere è assolutamente centrato. Anche le poche ma significative sequenze violente hanno una direzione ottima, degna dei maestri dello slasher tra cui Dario Argento (la scena della videoteca in particolare).
Quindi in conclusione non può non essere ancora più deprimente vedere tutto questo messo al servizio di una sceneggiatura così sciatta che culmina inoltre in un terzo atto ai limiti della parodia.
Per riprendere il mantra di Maxine la sentenza da emettere è la seguente: “non accetterò un sequel che non merito”. E questo infatti non ce lo saremmo proprio meritato.
MaXXXine arriverà nelle sale italiane a partire da mercoledì 27 agosto con Lucky Red
VOTO: 2/5