Di Daniele Ambrosini
La narrazione portata avanti su due linee temporali funziona molto bene su carta, il problema è che a lungo andare diventa un po’ macchinosa e ripetitiva, soprattutto perché il meccanismo con cui sono accostate le scene sulle due linee temporali, improntato a mostrare il “prima” e il “dopo” di varie situazioni, rimane uguale a sé stesso per tutta la durata del film. Piccole Donne ha, perciò, una struttura teoricamente solida, che però su schermo finisce per danneggiare il ritmo complessivo del film per via della sua natura episodica. Vista le necessità di dare vista a non uno, ma bensì due romanzi con una struttura non dissimile, la scelta della Gerwig appare più che funzionale in fase di scrittura, ciò che manca è qualche variazione alla struttura stessa del film, a questo rigido impianto narrativo, che ne ravvivino un po’ la narrazione. A non aiutare, sotto questo punto di vista, ci sono anche una fotografia e un montaggio, che nonostante nel complesso non siano malaccio, sono incapaci di assecondare e ravvivare i cambi temporali, e qua e là hanno anche qualche piccolo problema di continuità scenica.
Insomma, Piccole Donne non è un film perfetto, ma alla fine poco importa. Quello di Greta Gerwig è un film con un cuore, un film molto passionale, che al di là di qualche incertezza e qualche difetto riesce a parlare ad un pubblico universale, a divertire e commuovere. È questo quello che conta di più quando si riaccendono le luci in sala e il pubblico si alza dalla poltrona. E questo gli va riconosciuto, perché la Gerwig ha evidentemente realizzato un film costellato di personaggi con i quali è facile entrare in sintonia, grazie soprattutto ad una scrittura empatica, in grado di rendere giustizia alle diversità e alle peculiarità di ognuna delle sorelle March.
Eccellente è il lavoro fatto con gli attori, perché se una cosa è diventata chiara con Piccole Donne è che la Gerwig è una regista che, nonostante qualche carenza da qualche altra parte (l’impianto visivo, purtroppo, non è ai livelli di Lady Bird), lavora molto bene con i suoi interpreti. Se la Ronan e Chalamet sono due conferme, a stupire maggiormente in Piccole Donne sono in primis Florence Pugh, che, nonostante sia un po’ troppo grande (e quindi teoricamente fuori parte) per il ruolo che ha per metà del film, riesce a sembrare sempre credibile e ad affrontare in modo coerente ed aggraziato il percorso di crescita più complesso del film, e Emma Watson, che ha il personaggio più ostico, per via delle sue vedute non proprio progressiste, ma nonostante questo riesce a brillare, come forse non ha mai fatto prima d’ora. Meryl Streep, Laura Dern, Chris Cooper, Bob “Better Call Saul” Odenkirk e persino Eliza Scanlen hanno ruoli minori, a cui è dedicato poco, alle volte pochissimo spazio, ma risultano estremamente funzionali, che è esattamente ciò che è richiesto in termini narrativi ai loro personaggi.