Roma 2017: Last Flag Flying – Le recensione del nuovo film di Richard Linklater

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Di Simone Fabriziani

Che Richard Linklater fosse prima che un grande regista un enorme sceneggiatore è ormai cosa nota; nonostante l’accoglienza tiepida della critica statunitense al recente New York Film Festival, Last Flag Flying conferma una volta per tutte quanto stiano a cuore al regista texano i suoi personaggi e le loro psicologie, prima ancora del mero contesto.
Doc, Sal e Mueller, tre ex marine veterani del Vietnam non più giovanissimi, si riuniscono per portare a termine un compito quasi sacro: dare un’appropriata sepoltura all’unico figlio di Doc, ucciso durante le prime fasi dell’invasione irachena. Mentre il trio di vecchi amici si avvicina al fronte in Oriente, emerge una grande storia di amicizia che offre uno spaccato della vita americana durante l’epoca di Bush e una profonda riflessione sul tempo che passa e sulla natura della verità.



Tratto dal romanzo omonimo di Darryl Ponicsan, “Last Flag Flying” è il sequel apocrifo e scanzonato del film cult L’ultima corvé di Hal Ashby (1973); il seguito di Linklater riabbraccia così i tre protagonisti al suo tempo capitanati da un Jack Nicholson in ascesa, e qui riesumati a nuova vita sul grande schermo da il trio eccellente formato da Steve Carell, Bryan Cranston e Laurence Fishburne, volti multiformi di una America post-11 Settembre ancora alle prese con le ferite aperte di una nazione irrimediabilmente martirizzata.


Attraverso l’espediente narrativo del viaggio, Linklater mette a fuoco la sua lente di ingrandimento sulle molteplici contraddizioni di una nazione raccontata con piglio illuminante e con un dosaggio miracoloso di lacrime e risate; c’è poco da procrastinare, qui la carta vincente di Linklater è quella di aver scritto e portato sul grande schermo un affiatamento da applausi tra i tre magnifici protagonisti, nonostante il pur pesante tratto classicheggiante e intenzionalmente teatrale della messa in scena dell’adattamento del romanzo di Ponicsan, materiale tradizionalmente peregrino al cinema del regista statunitense.

Un trio di anime veterane i cui volti segnati dal passare del tempo raccontano un’America in subbuglio e destinata a cambiare per sempre e che difficilmente il cinema americano contemporaneo dimenticherà.

VOTO: 8/10