Di Massimo Vozza
In un anno, quest’anno, sono stati distribuiti ben tre lungometraggi sequel di serie televisive di successo: Deadwood – Il film (HBO), El Camino – Il film di Breaking Bad (Netflix) e quello presente nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma: Downton Abbey, proseguimento dell’omonima serie conclusasi nel 2015, l’unico che ha azzardato una distribuzione a livello internazionale in sala (Universal) dal quale sta già ricavando un dignitoso apprezzamento e guadagno tanto da spingere a parlare di un sequel del sequel.
L’operazione, per questo, non può non riportarci alla mente Sex and the City ma le ragioni che le accomunano non finiscono qui: in entrambi i casi le linee narrative dei protagonisti si erano concluse nel finale di serie, non lasciando dubbi. Eppure, soprattutto riguardo al film di Downton Abbey, questo non infastidisce, anzi siamo quasi spinti a pensare che forse qualcosa in sospeso per alcuni dei personaggi ci stava (in particolare modo Tom, Mary e Thomas ma anche Edith, Daisy e Lady Violet). Complice di questo è la ancora buona scrittura di Julian Fellowes (sceneggiatore e produttore del film nonché creatore della serie), capace di inserire i personaggi che abbiamo imparato ad amare in una storia accessibile anche a chi probabilmente non ha guardato neanche un episodio, che comunque ahimè si perderebbe qualcosa sotto il profilo emozionale perché è indubbio che le porte dell’abitazione dei Crawley sono state riaperte soprattutto per i fan della serie con la scusa della visita di re George V, la regina e la principessa Mary (lasciando fuori i più celebri e più volte raccontati Edward e Albert). Come quindi sono invitati a gioire di questo prodotto anche gli spettatori ignari degli accadimenti delle sei stagioni precedenti, il cast accoglie ulteriori interpreti e corrispettivi personaggi tra i quali spicca decisamente Imelda Staunton che torna a scontrarsi in scena con Maggie Smith dai tempi di Harry Potter e l’Ordine della Fenice. Ed è proprio il personaggio della Smith l’elemento maggiormente riuscito del film, l’unico al quale viene (stavolta definitivamente) concesso un vero e proprio finale che non lascia possibilità future e rischia di commuovere molti.
La verità è che seppur oggettivamente non servisse un ulteriore proseguimento alla storia e dal punto di vista della messa in scena non si discosti particolarmente da quella della serie tanto da trasformarsi totalmente in cinematografica e lasciarsi la televisione alle spalle, Downton Abbey resta comunque un regalo gradito al fandom che trascinato ancora una volta nella favolista visione dell’upper class inglese del primo ‘900, e questa volta insieme a un pubblico generalista, può evadere dal così diverso presente, anche se i segni del cambiamento che verrà cominciano a intravedersi perfino a Downton.
VOTO: 7/10