Di Massimo Vozza
Dopo il successo ottenuto dal lungometraggio d’animazione Gatta Cenerentola di Alessandro Rak, presentato a Venezia nella sezione Orizzonti nel 2017, il nostro paese ha deciso di produrre, insieme alla Francia, presentandolo questa volta a Cannes nella sezione Un Certain Regard e riproponendolo alla Festa del Cinema di Roma in Alice della città, un altro adattamento animato di un classico letterario italiano anche se contemporaneo ossia La famosa invasione degli orsi in Sicilia, nella sua versione filmica diretto da Lorenzo Mattotti. Il libro e il film narrano le vicende di un gruppo di orsi che vive sulle montagne siciliane sotto la guida di Re Leonzio al quale un giorno viene rapito il figlio Tonio, dando così inizio a una serie di peripezie che li porteranno a incontrarsi con gli umani con i quali tenteranno di stabilire un rapporto di convivenza.
Passando da Basile a Dino Buzzati, non si è andata a perdersi quell’italianità tradizionale che contraddistingueva l’operazione precedente, che passa innanzitutto per il dialetto, sempre caro al nostro cinema, conseguente a una precisa ambientazione geografica durante la quale si svolge la vicenda nonostante l’elemento favolistico, e neanche quell’orientarsi, sulla carta perlomeno, più verso il circuito di festival che il successo al botteghino. Eppure il peso narrativo delle due storie risulta estremamente diverso. La famosa invasione degli orsi in Sicilia vive di due anime diverse che mal si bilanciano all’interno dell’opera, ossia quella di cartone animato che si rivolge a un pubblico infantile e quella invece per un pubblico più vasto, dalla potenzialmente forte morale e critica sociale che vorrebbe camminare parallelamente con il capolavoro di George Orwell “La fattoria degli animali” (che curiosamente è contemporaneo al romanzo di Buzzati).
Al di là di siparietti comici eccessivamente infantili e di passaggi estremamente semplicistici e didascalici, il film punta su un’estetica che ricorda estremamente illustrazioni di un libro abbastanza piatte e a volte quasi abbozzate (come se si fossero fermati allo storyboard), seppur non ricordino le originali del suo autore che invece vengono citate attraverso dei disegni che aiutano due cantastorie in viaggio (la cornice narrativa dell’opera) a raccontare la prima parte della vicenda.
Nonostante il talento delle voci dei doppiatori originali, tra i quali Linda Caridi, Toni Servillo, Antonio Albanese e il da poco scomparso Andrea Camilleri, il film di Mattotti risulta poco ispirato, a tratti insipido se non noioso, pieno di colori ma senza profondità, non solo visiva ma anche di temi e sentimenti.
VOTO: 5/10