Roma Film Fest 2016- DAY 3 (Afterimage, The Birth of a Nation, Sing Street)

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Di Simone Fabriziani

Terzo giorno ricco di eventi e film quello della  Festa del Cinema di Roma 2016; tra delusioni, conferme  e grandi sorprese, ecco tre Recensioni Lampo delle pellicole visionate in giornata dalla Redazione.


Afterimage (di Andrzej Wajda)

L’ultima opera del compianto regista polacco Andrzej Wajda conferma lo spirito indomito del cineasta europeo venuto improvvisamente a mancare poco meno di due settimane fa: il racconto biografico dell’artista dell’avanguardia polacca Wladislaw Strzeminski (vero baluardo della resistenza della cultura europea nell’ambito dell’arte contro il Regime Sovietico stalinista post-II Guerra Mondiale)) è incorniciato da una narrazione asciutta e rigorosa che ben sottolinea un inedito percorso di damnatio memoriae da parte del Partito nei confronti dell’artista polacco. Forse una pellicola fin troppo rigorosa e dalla struttura classica, ma a 90 anni in fondo Wajda non ha dovuto dimostrare più nulla al panorama cinematografico europeo moderno.
VOTO: 3/5

The Birth of a Nation (di Nate Parker)
A deludere è invece lo sforzo (seppur invidiabile) di Nate Parker di dirigere, interpretare, produrre e co-sceneggiare l’adattamento di una delle più sanguinose storie di rivolta della comunità nera alla fine del XIX secolo negli Stati Uniti appestati dalla piaga dello schiavismo. La vera storia del predicatore di colore Nathaniel Turner che alla fine dell’Ottocento guida una schiera di schiavi di colore rivoltosi nei confronti degli spietati padroni bianchi è trattata da Parker con grossolanità ed un approccio dietro la macchina da presa perlopiù derivativo: dopo la lezione di cinema su una tematica piuttosto simile nel 2013 con “12 Anni Schiavo” di Steve McQueen, qui Perker sceglie la strada della narrazione tradizionale a tutti costi intervallata da buoni momenti di genuina emozione e di inaudita violenza; peccato che la mano artistica del cineasta statunitense ricalchi più una parabola storia alla “Braveheart” o addirittura “Il Gladiatore” che i lirismi del premiato film di McQueen. Non che ispirarsi alla pellicola Premio Oscar avrebbe elevato il prodotto, che tuttavia risulta ben confezionato e ben interpretato.
VOTO: 2/5

Sing Street (di John Carney)

La grande sorpresa (ma forse sa più di piacevole conferma) è la terza opera dietro la macchia da presa del regista irlandese John Carney (lo abbiamo già apprezzato per i successi cinematografici e musicali dei bei “Once” e “Tutto Può Cambiare”) che con il godibilissimo “Sing Street” non sbaglia il colpo per la terza volta di fila.
La storia del sedicenne Connor si intreccia tra ironia e tanta passione per la musica anni ’80 con l’amore per una ragazza che cambia la vita del protagonista e lo incita a formare una band al college per conquistare il cuore di Raphina , per fuggire delle angheria dei bulli e per scappare da un padre e una madre sull’orlo del divorzio a suon di musica e testi irresistibili; sullo sfondo, una inedita Dublino tutta Duran Duran e Spandau Ballet e un’onesta artistica nella narrazione e nei sentimenti dei giovani protagonisti da applausi.
VOTO: 4/5