Roma Film Fest 2016- DAY 5 (Denial, Snowden)

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Di Simone Fabriziani
Quinta giornata intensa alla  Festa del Cinema di Roma, che ha riservato però due cocenti delusioni nonostante il talento profuso nelle pellicole in questione: oggi abbiamo visto Denial di Mick Jackson e Snowden del Premio Oscar Oliver Stone.
Ecco le nostre due Recensioni:

Denial (di Mick Jackson)

1994. Nel Regno Unito viene pubblicato “Deying the Holocaust” della professoressa americana Deborah Lipstadt (Rachel Weisz) nel momento storico in cui la crescente tendenza al negazionismo dell’Olocausto nell’èlite degli intellettuali occidentali era preoccupantemente esponenziale; ad attaccare la tesi della Lipstadt è il prolifico storico britannico David Irving (Timothy Spall), noto negazionista dello sterminio ebraico per mano del governo di Hitler; sarà l’inizio di una battaglia legate terminata soltanto nel 2000 che metterà a dura prova tutte le certezze storiche su una dell più grandi tragedie della storia moderna.
Tratto dal lavoro autobiografico “Denial: Holocaust History on Trial” della stessa Lipstadt, il film di Mick Jackson (lo abbiamo conosciuto a livello internazionale con “Guardia del Corpo” del 1993) si sofferma con attenzione scrupolosa sul lungo e difficoltoso processo che ha portato la professoressa americana e lo storico britannico a sfidarsi a suon di verità storiche, dubbi e bugie. Aiutata da un team di avvocati guidati da Richard Rampton (Tom Wilkinson), la Lipstadt entrerà nella storia della ricerca della verità sull’Olocausto come la protagonsita del processo legale più importante mai intentato dopo quello di Norimberga.
Il film ha sicuramente tra i suoi valori aggiunti la scrittura precisa e sensibile del candidato all’Oscar David Hare (“The Hours”, “The Reader”) e sulle solide performance del cast, su tutti un Timothy Spall pomposo e caricaturale, semplicemente perfetto nei panni del famigerato negazionista britannico. Peccato che la regia di Jackson non riesca mai ad uscire dal guscio del politically correct: se è vero che l’Olocausto rimane tutt’oggi uno dei tabù più radicati nella società contemporanea, è tuttavia innegabile che lo spettatore più smaliziato abbia bisogno di arrivare al climax del processo legale (peraltro già noto prima di entrare in sale, si presuppone) con maggiore personalità artistica ed una visione cinematografica non didascalica, bensì inedita e sempre dinamica; tutto ciò in  “Denial” non è presente, nonostante il film costringa lo spettatore volente o nolente a riflettere sulla sottile (ma quanto sottile, dopotutto?) linea tra opinione e verità, tra libertà di pensiero e La Storia. Insomma, siamo di fronte tutto sommato ad un lavoro didascalico che, senza giri di parole, avrebbe funzionato con più onestà intellettuale sul piccolo schermo.
VOTO: 2,5/5

Snowden (di Oliver Stone)

A decenni di distanza dai suoi più grandie  blasonati lavori dietro la macchina da presa ( e ben 3 Oscar guadagnati in carriera), Oliver Stone conferma la tendenza al ribasso della sua politica visione del cinema con “Snowden”, biografia per il grande schermo dedicata aal più noto hacker informatico del Nuovo Millennio.
Partendo ellitticamente da una stanza di albergo  ad Hong Kong dove si è rifugiato il protagonista (ci ritorneremo nell’epilogo del film), la pellicola di Stone ripercorre a ritroso le vicende pubbliche e private (ma quanto private, ci verrebbe da dire a film terminato?) di Edward Joseph Snowden (Joseph Gordon-Levitt) dal reclutamento nei Marines, passando per il congedo obbligatorio dopo la rottura di una gamba, seguendo il protagonista durante la gavetta nella CIA, e poi sempre più su, fino ad arrivare alle più alte sfere dell’Intelligence americana come hacker autorizzato dal governo USA più formidabile e dotato. A complicare la sua vita una dolce metà dall’animo progressista e attivista politica (Shailene Woodley).
Non è un’esagerazione dichiarare morto l’ideale di cinema politico professato dal regista Premio Oscar quando l’opera biografica in questione non si discosta  molto da un prodotto televisivo di stampo divulgativo o, peggio ancora, da una pagina Wikipedia con un compendio delle maggiori vicissitudini del “caso Snowden”. E a salvare la baracca che affonda e in un lento appiattimento narrativo non c’è nemmeno il pur bravo Joseph Gordon-Levitt nei panni dell’hacker più ricercato dagli Stati Uniti, anzi si ha la sensazione di guardare l’ennesima invettiva politica di Stone nei confronti del sistema governativo americano enfatizzando in rilievo le falle nell’amministrazione Obama.
Ma la invettiva dalla dirompente forza narrativa e visiva dei suoi precedenti capolavori sembra già da troppi a anni a questa parte un miraggio sempre più difficile da raggiungere, nuovamente.
VOTO: 2/5