Di Anna Martignoni
Sembra proprio che il regista Pete Docter collezioni un successo dopo l’altro: nel 2015 dirige Inside Out, premiato agli Oscar come miglior film d’animazione; nel 2018 diventa il direttore creativo della Pixar dopo le dimissioni di John Lasseter; quest’anno, insieme al collega Kemp Powers, dirige Soul, ennesimo capolavoro dello studio. Qualcuno potrebbe osservare che le somiglianze stilistiche e narrative con Inside Out e con Coco siano fin troppo evidenti e ciò, in effetti, non si discosta dalla realtà dei fatti. Con Soul, però, si fa qualcosa in più: il passo falso che porta Joe (Jamie Foxx, doppiato in italiano da Neri Marcorè) all’Altro Mondo fa fare allo spettatore un passo enorme dentro di sé, alla (ri)scoperta di quale sia lo scopo della propria vita. Cosa ancor più rara nell’universo Disney e Pixar, il viaggio che il nostro musicista compie non è dettato dal giusto o sbagliato: Joe, infatti, segue il corso degli eventi così come essi accadono e solo lui è l’artefice del proprio destino. Nel viaggio che Joe compie, un grande aiuto proviene dall’anima chiamata 22 (Tina Fey, doppiata in italiano da Paola Cortellesi), piccola e cinica creatura che non crede che una vita sulla Terra sia così eccitante, anzi, preferisce rimanere lì nell’Ante-Mondo come fa da centinaia di anni nonostante il suo affidamento a mentori di grande saggezza, quali Madre Teresa e Abraham Lincoln. Più che la classica aiutante, 22 diventa ben presto co-protagonista della storia, abbandonando poco a poco il suo scetticismo e adottando un atteggiamento di assoluto entusiasmo verso la vita sulla Terra.
Bastano i primi 15 minuti di Soul per capire che il film si pone in un’altra dimensione, letteralmente e metaforicamente. In questo breve arco di tempo, infatti, lo spettatore vive la frenesia della Grande Mela per poi essere risucchiato in un buco nero che porta alla scala verso l’Altro Mondo e, infine, scappa insieme a Joe verso l’Ante-Mondo. I tre scenari sono perfettamente caratterizzati dai colori e dai suoni: vivaci e sostenuti in città, scuri e grevi nel mezzo per poi divenire tenui e pacifici nel grande giardino dell’Ante-Mondo. Per tutta la durata del film, lo spettatore rimbalza da un mondo all’altro anche solo per una manciata di secondi: ciò rende il ritmo del film ben sostenuto e consente a chi guarda di immedesimarsi ancora di più con i personaggi. Ad accompagnare la narrazione, di per sé già incredibile grazie alla sceneggiatura firmata dai due registi del film insieme a Mike Jones, vi sono le musiche calde e coinvolgenti di Trent Reznor e Atticus Ross (gli stessi del recente Mank di David Fincher). Nel film, nemmeno le scene di puro jazz vengono trascurate: durante le prove o nelle esibizioni sembra di essere lì tra il pubblico ad ascoltare i virtuosismi dei musicisti e un piccolo richiamo a Whiplash di Damien Chazelle è inevitabile.
In tutta questa perfezione, l’unico difetto -se così si può definire- è dato dal fatto che Soul cattura molto facilmente l’attenzione del pubblico adulto ma probabilmente lascerà i più piccoli un po’ distaccati dalla storia. Sebbene nel film il concetto sia reso in maniera divertente (come solo la Pixar sa fare), la scoperta del proprio essere e dello scopo per cui tutti noi siamo su questo mondo è, infatti, un tema molto complesso e, di certo, non bastano i 100 minuti della pellicola per arrivare ad una conclusione. Nonostante ciò, Soul è una scommessa vinta, proponendosi come un prodotto innovativo e di grande effetto.
Soul è stato distribuito dalla Walt Disney Pictures sulla piattaforma di streaming Disney+ a partire dallo scorso 25 dicembre.
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