Di Massimo Vozza
Non è strano quindi che la Warner Bros. abbia deciso di produrre un sequel di Space Jam, il film a tecnica mista del 1996 che ha portato la leggenda dell’NBA Michael Jordan a giocare una partita di basket contro degli alieni e in squadra con i Looney Tunes; peccato però che il nuovo film manchi il bersaglio davvero in troppe occasioni, soprattutto nel rievocare veramente qualcosa di emozionante in noi che 25 anni fa eravamo bambini.
Andando con ordine, non è difficile ipotizzare che tra i problemi vi sia la scelta del regista. Un’analisi dell’impianto estetico sarebbe forzata e inutile per un film di questa natura ma è chiaro che Malcolm D. Lee, cugino di Spike Lee, non poteva essere la scelta giusta, da una parte perché è stato regista di commedie non particolarmente di successo e prive di respiro internazionale (nonché di Scary Movie 5, la pietra tombale della famosa saga, parodia di diversi film horror) e dall’altra per una questione anagrafica, non essendo cresciuto con il prodotto precedente. A questo si aggiunge un elenco di sceneggiatori (l’hanno firmato in sei…) con poca esperienza (eccetto Terence Nance), che sono caduti nel facile schema della storiella padre famoso e figlio incompreso che non vuole calcare le orme del padre, senza mai rendere particolarmente credibile il conflitto, e buttando lì tanti elementi fantascientifici legati alle nuove tecnologie (banalissimi) per giustificare l’incontro con i Looney Tunes e creare un forzato conflitto anche su questo piano: i tempi in cui bastava una semplice buca in un campo da golf per entrare nel mondo dei cartoni animati sono ormai lontani, eppure risultavano più credibili.
Il secondo problema, spiace farlo presente perché si sta parlando di una leggenda nel suo capo, è proprio lui: LeBron James. Non si tratta del saper o non saper recitare ma del come ci si approccia a un’arte che è fuori dal nostro campo: neanche Michael Jordan era un attore ma nel vedere la sua prova recitativa abbiamo riso con lui, non di lui. LeBron invece è ridicolo dall’inizio alla fine, si sforza ad alternare le faccette da cartone animato con i pipponi melensi sul successo, l’impegno e la famiglia in modo convincente ma proprio non ce la fa. E il suo personaggio è costantemente al centro di continue lodi e elogi che fanno perdere senso al tentativo di costruirgli intorno la figura di padre (non abbastanza) imperfetto. Ridicolo o quantomeno sfruttato male è in realtà un po’ tutto il cast (completamente non caucasico): l’unico davvero efficace, seppur scontato, è il cameo dell’attore Michael B. Jordan ma siamo lontani da quello di Bill Murray (qui invece solo in foto nei titoli di coda).
Le uniche trovate davvero buone hanno a che fare con il viaggio intrapreso da Bugs e LeBron in giro per l’universo della Warner per recuperare i compagni di squadra, con tanti richiami a Matrix, Game of Thrones, Casablanca, Mad Max: Fury Road, la DC, i cartoni animati di Hanna-Barbera, Austin Powers… ma la cosa non può non riportare alla mente Ralph spacca internet, quasi fosse un copia e incolla.
Ultima annotazione: l’impostazione di Space Jam: New Legends è addirittura più infantile di quando non lo fosse quello del 1996, ma siamo sicuri che le nuove generazioni sappiano chi siano non tanto le nuove leggende come LeBron James ma quelle vecchie come Bugs Bunny e i suoi amici? Secondo noi, no.
VOTO: ★