Di Simone Fabriziani
La più grande saga cinematografica del cinema moderno sta per concludersi. A partire da mercoledì 18 dicembre sbarca nelle sale italiane Star Wars: L’ascesa di Skywalker, nono episodio della saga stella creata negli anni ’70 da George Lucas, qui riproposta per il trittico finale con alla cabina di regia JJ Abrams, intervallato da Il Risveglio della Forza dell’ambizioso e fuori le righe Gli Ultimi Jedi di Rian Johnson.
L’ascesa di Skywalker ha l’ambizione di chiudere la narrazione dei nuovi personaggi della trilogia firmata Disney amalgamandoli con un tessuto narrativo che punta a pareggiare i conti una volta per tutte con l’eredità delle vecchie trilogie. E forse è proprio in questa doppia, inquieta anima che l’Episodio IX fallisce miseramente.
JJ Abrams scrive e dirige il capitolo conclusivo della saga dei Skywalker condensando in meno di due ore e mezza il materiale narrativo sufficiente ad una nuova trilogia, come se volesse chiudere i rapporti fino a poco prima amichevoli e professionali non solo con il suo Risveglio della Forza, ma allontanandosi definitivamente dal “libertino” Episodio VIII di Rian Johnson. E nulla possono i nuovi interpreti, pur bravi, tra cui la coppia protagonista i cui volti sono quelli di Daisy Ridley e Adam Driver imprigionati in un meccanismo di retcon (continuità retroattiva) che cancella alcuni percorsi ostili, difficili e poco chiari di alcuni personaggi chiave verso semplificazioni logistiche che risultano semplicemente forzose alla grande narrazione di fondo.
Roboante, rutilante, senza un attimo di tregua, L’ascesa di Skywalker è forse il capitolo della saga stellare più avventuroso, ma anche quello peggiore; nonostante sia privo delle ingenuità di target adolescenziale che avevano caratterizzato la pur difettosa e dimenticabile trilogia prequel diretta da George Lucas, l’Episodi IX di JJ Abrams non lascia il tempo di respirare nessuno dei suoi protagonisti sul grande schermo, nemmeno i suoi spettatori, troppo presi a decodificare una trama quasi raffazzonata per concludere con troppa faciloneria grandi tematiche affrontate nei capitoli precedenti: quello della dualità dell’animo umano, della redenzione, del potere della benevolenza, della famiglia come legame spirituale, non di sangue.
Troppo preso a chiudere con il botto, JJ Abrams scivola però rovinosamente su un pavimento carico di ambizioni infrante, riscritture di snodi e personaggi storici e centrali della saga decennale che non fanno altro che far alzare il sopracciglio più di una volta, confondere la sua audience, anche quella più die hard, ed attestarsi probabilmente come l’episodio più discusso della storia di Star Wars nell’immediato. E, nonostante il confronto e la discussione siano l’anima della democrazia, non sempre è necessariamente un bene applicato ad un prodotto audiovisivo.
VOTO: 5/10