Di Simone Fabriziani
Presentato lo scorso anno nei circuiti festivalieri autunnali senza grandi applausi o importanti riconoscimenti (debuttò al Telluride Film Festival per poi passare anche per il London Film Festival), il film diretto da Sarah Gavron arriva Giovedi 3 Marzo finalmente nelle sale italiane, passando quasi del tutto inosservato nella appena passata Awards Season.
Perché tanta invisibilità per una pellicola dal tema volontariamente altisonante?
1903
In una Londra fumosa e al culmine della sua fase industriale, un manipolo di donne operaie sconquassa l’equilibrio sociale e politico della Gran Bretagna con improvvisi e violenti atti plateali per assicurarsi il passaggio di una legge adeguata per il suffragio universale in un paese che all’inizio del XX secolo non lo permetteva ancora. La giovane operaia Maud Watts (Carey Mulligan) diventa una militante del movimento delle Suffragette nonostante le iniziali titubanze, le umiliazioni sul posto di lavoro in fabbrica e una famiglia da mandare avanti.
In un anno cinematografico quello del 2015 in cui la parità dei diritti è stato il punto caldo di molte delle dissertazioni sul grande schermo, “Suffragette” ne esplora l’origine politica sociale in un affresco storico e sociale vivido e mai disonesto: merito della mano ferma e precisa dietro la macchina da presa della Gavron (già impostasi all’attenzione cinematografica europea nel 2007 con l’acclamato “Brick Lane”) e della sobria sceneggiatura di Abi Morgan (“Shame”, “The Iron Lady”) che racconta dal punto di vista di Maud e della sua progressive presa di coscienza l’espansione del Movimento delle Suffragette fondato e patrocinato dalla misteriosa e carismatica militante Emmeline Pankhurst (in un incisivo cameo di Meryl Streep) senza fronzoli, senza espedienti narrativi ricattatori, senza troppa (e qui la cosa ci fa molto piacere) retorica nei confronti della storia messa sul grande schermo.
Certo, il film della Gavron difficilmente si discosta dalla struttura narrativa del biographic movie o del “period movie” tanto caro quanto radicato nel DNA cinematografico britannico, eppure molto del merito del perché la macchina produttiva ha funzionato egregiamente è merito anche dell’appassionato e dedito lavoro di tutto il cast nel raccontare un momento fondamentale nella storia della parità dei diritti dell’uomo con precisione e vividezza: da una fragile ma efficace Carey Mulligan, che si conferma uno dei talenti britannici assoluti nella recitazione cinematografica, all’efficace cameo della Streep, fino al ritratto di una farmacista militante determinatissima con il volto di Helena Bonham Carter; è grazie a loro che la storia commovente delle Suffragette assume una voce forte e decisa nella filmografia contemporanea, fino ad oggi inadeguata nel raccontare con incisività la storia dietro all’urlo che riempiva le strade di Londra agli inizi del XX secolo: “Voto alle Donne!”
Lo vedranno nelle scuole.
VOTO: 3/5