Di Edoardo Intonti
Siamo giunti dunque al termine di questa prima stagione di Taboo. Dopo la lunga gestazione, è da capire quanto effettivamente si apprezzabile come titolo e quanto effettivamente il look noire e la l’ambientazione in tinte “pennydreafuliane”, abbiano giocato nell’effettivo buon esito della serie. Rimandato alla prossima stagione l’effettiva rivelazione delle “gesta oscure” e dei rituali sciamanici di Delaney in Africa, ci accontentiamo di vederlo usare una lingua tribale come semplice escamotage per intimidire la commissione reale intenzionata a condannarlo per alto tradimento.
Il piano dunque per far cadere le accuse a suo carico, uscire da uomo libero dalla torre di Londra e recuperare una nave per imbarcarsi verso il nuovo mondo, risulta decisamente confusionario, un pò troppo comodo e in sapore di una versione ottocentesca di Ocean’s Eleven, dove però tutte le parti sono svolte dal protagonista Tom Hardy, con qualche eccezione di Lorna, l’unico altro personaggio con la quale ci sentiamo di simpatizzare.
La morte di Zylpha non tange nessuno spettatore, e a malapena interessa ai pochi individui con i quali ha interagito nel corso degli episodi precedenti (dimostrazione di come tutte le sequenze che riguardavano lei o il marito, fossero solo dei riempitivi): un possibilità sprecata che scoccia anche un pò chi si aspettava grandi cose da Oona Chaplin. Fatti fuori velocemente quasi tutti i personaggi di fazione opposta a quella di Delaney (e qualche alleato), assistiamo ad una battaglia, finalmente movimentata, ma che nel complesso risulta un po’ surreale tra i fucili attivati da corde stile Mamma ho perso l’aereo o il chimico lancia granate.
Il bilancio è comunque positivo: si salvano i personaggi più interessanti, anche se con alcune vittime che avremmo sicuramente voluto approfondirle, uno fra tutti il personaggio di Jonathan Pryce , sul quale contavamo per vedere uno scontro verbale e incredibili rivelazioni nella cella di Delaney. Tutti gli altri diventano futuri membri della colonia personale di quel buontempone di Delaney, che rivedremo sicuramente l’anno prossimo con una seconda stagione e di cui speriamo onestamente di scoprire qualcosa in più.
Volendo fare un discorso più generale, si vede come gli sceneggiatori abbiano voluto insistere di più sull’aspetto da thriller-politico rispetto al filone esoterico, presentato però nei vari trailer come il tema centrale del progetto. Personalmente è stata una piacevole sorpresa vedere un intrigo così fitto e interessante, che fino al 4°-5° episodio mi aveva rapito, facendomi dimenticare noncurante del perchè Delaney facesse quel che facesse e del suo misterioso passato. E’ stata messa tanta carne al fuoco, tutta però legata ad un singolo personaggio, grande pecca di questa stagione, che quindi ci fa diminuire l’interesse nei confronti degli altri individui coinvolti nell’intrigo (due fra tutti la contessa filo-americana e la spia Michael Kelly che avrei voluto vedere approfonditi volentieri).
Molti sub-plot sono stati risolti velocemente nel finale, dimostrando inoltre di non saper gestire per più di qualche episodio: tutte le scene del triste matrimonio di Zylpha a cosa sono servite? Il fedele maggiordomo, all’inizio quasi centrale nel piano di Delaney, è man mano sparito in secondo piano non avendo però il coraggio di farlo fuori…
Consigliamo la visione di almeno due episodi, tenendo conto che le domande che sorgeranno man mano nella visione difficilmente avranno risposte soddisfacenti… per ora. Perché l’anno prossimo, oltre ad un ricambio della maggior parte dei personaggi (e dei villain) ci si sarà un cambio di location, ponendo il personaggio in un ambiente completamente nuovo, a lui estraneo dove quindi non potrà fare affidamento solo su se stesso, ponendo quindi la base per una maggiore canonicità dei protagonisti.
VOTO: 8