Di Massimo Vozza
Dopo mesi di obbligati rewatch, streaming e pay-per-view, la Warner Bros. cala il carico da novanta decidendo di distribuire nelle sale (quelle che hanno riaperto perlomeno) il tanto atteso ultimo film di Christopher Nolan, Tenet, nella speranza di riportare il pubblico pagante al cinema. Il titolo ha destato immediatamente curiosità essendo tratto dal palindromo quadrato di Sator (e che è, a sua volta, un termine palindromo), tanto da far immaginare un film dalla duplice e speculare lettura, se non addirittura visione, dato anche che al centro della trama (di nuovo in un film di questo cineasta britannico) vi è il tempo, con il suo scorrere e la sua relatività.
Insomma, sembrava che Nolan volesse stavolta fare il salto definitivo in un cinema sperimentale e più coraggioso, magari rischiando di perdersi qualche pezzo del suo ampio pubblico per strada, e dopo l’esercizio di stile del precedente Dunkirk ammetto che ci sarebbe anche stato bene. Peccato che il risultato invece deluda totalmente tali aspettative: più che un vero e proprio film, quel che si va a guardare per le due ore e mezza di durata è maggiormente simile a un videogioco piuttosto che a un’opera cinematografica, con una storia e dei personaggi non dei migliori seppur passabili in virtù dell’intrattenimento puro che arriva solo a fasi alterne (ovviamente nelle scene d’azione), e il tanto essenziale e decantato concetto di tempo scorre, in realtà, lineare per lo spettatore in sala, anche se non possono dire lo stesso il Protagonista e i suoi comprimari. Il tutto poi senza la possibilità di poter saltare le scene dialogate a tratti imbarazzanti per la loro costruzione e vacuità, nonché gli “spiegoni” su questa realtà interna al film, a volte troppo prolissi e/o inseriti a forza nella sceneggiatura per aiutare il pubblico nella comprensione; soprattutto gli spettatori più attenti e assidui potranno rischiare di annoiarsi e non sorprendersi anche davanti ai cosiddetti colpi di scena, compreso perfino quello intuitosi nella scena finale, l’unico a non trovare conferma esplicita e che tenta la chiusura di un cerchio imperfetto. Se da una parte quindi Nolan gioca con regole non inedite, dall’altra decide di aggirare alcuni paradossi noti (in Ritorno al futuro, ad esempio, ma anche in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban), etichettandoli semplicemente come tali per pararsi il sedere.
Come già anticipato, Tenet mostra comunque delle sequenze votate all’azione davvero egregie e concettualmente interessanti, supportate da un sonoro ottimo (buco nell’acqua invece la colonna sonora che le accompagna), che sfortunatamente non alzano di tanto l’asticella rispetto a un medio film ad alto budget, mentre lo straordinario cast (formato principalmente dai tre giovani nel pieno della loro carriera John David Washington, Robert Pattinson ed Elizabeth Debicki, e i due veterani Kenneth Branagh e Michael Caine, che qui si limita a un cameo) soffre per i personaggi non particolarmente approfonditi, se non già visti e rivisti in altre narrazioni, similari o meno.
L’ultimo film di Christopher Nolan non ha molto altro se non il principalmente pregio commercialmente appetibile di essere firmato da Christopher Nolan, quindi di disporre di un budget enorme (usato anche in aerei, automobili, trimarani, yacht, e chi più ne ha più ne metta), e di far sentire ancora una volta lo spettatore passivo medio in un primo momento stupido e poi improvvisamente intelligente quando gli sembrerà di aver capito il trucco. La verità però è che stavolta il trucco è costantemente in vista: tutto sta nel sapere cosa osservare e nel conoscere le abilità del prestigiatore che mai come in Tenet non gioca bene le sue carte, al punto da tentare di bluffare sperando che nessuno se ne accorga.
VOTO: 4.5/10
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