Di Simone Fabriziani
Perché vedere The French Dispatch
Perché nella sua trasferta francofona, il cineasta statunitense realizza il sogno più recondito di ogni suo seguace, firmando, prima nella stesura della sceneggiatura originale e poi dietro la macchina da presa, il suo lungometraggio più straripante, duplicato, eccessivo, visivamente più sfacciato e barocco. Se pensate di aver assistito con Grand Budapest Hotel al film più quintessenziale di Wes Anderson (che rimane tutt’ora il suo capolavoro di carriera, ad oggi) nella sua struttura visuale e concettuale, in The French Dispatch si supera mettendo in scena un lungometraggio semi-episodico che riflette con estro e senso eccezionale del ritmo (della parola, dell’azione, dello sguardo, della location) lo stile cronachistico del giornalismo cartaceo d’altri tempi. Firmando il suo brillante seguito cinematografico a Grand Budapest Hotel e al (minore) L’isola dei cani, Wes Anderson scrive una lettera affettuosa al fascino irresistibile della carta stampata, alle sue logiche, alla sua palpitante vita interiore, ai suoi variopinti protagonisti.
Per fare ciò il regista e sceneggiatore Usa sfodera il suo ensemble cast più impressionante, protagonista di quattro riquadri dallo squisito sapore retrò: Timothée Chalamet, Frances McDormand, Bill Murray, Tilda Swinton, Jeffrey Wright, Benicio del Toro, Adrien Brody, Léa Seydoux, Saoirse Ronan, Owen Wilson, Christoph Waltz, Willem Dafoe e molti altri. Un sogno divenuto realtà per ogni seguace del cinema di Anderson.
Perché non vedere The French Dispatch
All’esuberanza visuale di Wes Anderson, che nel suo ultimo lungometraggio raggiunge il suo parossismo limite, non corrisponde però allo stesso tempo coerenza narrativa e stessa incisività di alcuni dei suoi lungometraggi precedenti. Seppur The French Dispatch viva di alcune delle sequenze più abbacinanti e potenti del cinema del regista Usa (la corsa notturna in macchina in animazione tradizionale è giù cult), non riesce a costruire personaggi altrettanto indimenticabili, seppur dotati di una sana dose di quirkiness tipica della poetica andersoniana.
Un ineccepibile esercizio di stile (nel senso pià buono che c’è) che esalta il piacere della parola, del racconto, a discapito della costruzione di psicologie, personaggi, immedesimazioni finzione-spettatore. Ma va bene così.
The French Dispatch debutta nelle sale italiane a partire da giovedì 11 novembre con Walt Disney Pictures
VOTO: ★★★½